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Le dichiarazioni del sostituto procuratore generale di Genova, Enrico Zucca, sono state «inopportune», ma non tali da determinare una situazione di «incompatibilità ambientale». Un anno dopo aver pronunciato quella frase che tanto ha fatto discutere, la pratica disciplinare a carico del magistrato del processo sul pestaggio alla scuola Diaz finisce con un nulla di fatto. Il pm non verrà trasferito, anche se quelle parole, secondo l’organo di autogoverno della magistratura, non avrebbe dovuto pronunciarle. Tutto accadde nel corso di un convegno sulla morte di Giulio Regeni, organizzato dall’ordine degli avvocati di Genova, quando Zucca finì sui giornali con un virgolettato che riassumeva il senso del suo intervento con un’esplicita accusa. «I nostri torturatori sono al vertice della Polizia - avevano riportato le cronache - come possiamo chiedere all'Egitto di consegnarci i loro torturatori?». Una frase che Zucca, in un’intervista al Dubbio, aveva cercato di riportare nel suo contesto, evidenziando le semplificazioni dei giornali. «Hanno riportato una frase mozzata e prima di scrivere avrebbero potuto meglio documentarsi, dato che l’incontro è videoregistrato», aveva chiarito, ribadendo però che «è risaputa la nomina in posti di responsabilità di vertice di funzionari condannati per reati infamanti, cioè di aver coperto la tortura alla Diaz durante il G8, un’azione che la Cassazione ha definito “scellerata mistificazione”, con l’aggiunta che quanto avvenuto “ha gettato discredito all’Italia nel mondo intero”». Un dato obiettivo, aveva aggiunto, «che ben può essere rappresentato anche dalla frase brutale – che non ho detto - lanciata impropriamente dalle agenzie di stampa». E quella frase aveva scatenato reazioni furiose, tra le quali quelle del capo della Polizia Franco Gabrielli, che aveva parlato di accuse "infamanti" e "oltraggiose". A parlare, aveva rilanciato il magistrato, sono principalmente i fatti, cristallizzati dalle pronunce della Corte europea, secondo cui, nonostante gli sforzi degli inquirenti, «i responsabili di quanto accaduto alla Diaz non sono stati individuati perché la Polizia si è impunemente rifiutata di collaborare con la magistratura». Affermazioni, aveva aggiunto Zucca, che «dovrebbero far riflettere». Per il Csm si è trattato di parole fuori luogo, «specie in quanto tenute da un alto magistrato in un convegno aperto a tutti gli operatori della giustizia» e «potenzialmente idonee a ingenerare un clima di generalizzata sfiducia nei confronti della Polizia». Ma nonostante ciò, sono insussistenti i presupposti per aprire una procedura di trasferimento per il magistrato genovese. Il plenum ha votato giovedì scorso a maggioranza, dopo un lungo dibattito iniziato mercoledì mattina, la delibera di archiviazione proposta dalla prima commissione, con 14 voti a favore, due contrari e 7 astenuti. Contro l’archiviazione hanno votato i consiglieri laici della Lega Stefano Cavanna ed Emanuele Basile, secondo cui «le dichiarazioni di Zucca hanno determinato un’incompatibilità ambientale in sé». Astenuti, pur condividendo l’archiviazione, i quattro togati di Area, Giuseppe Cascini, Alessandra del Moro, Mario Suriano e Giovanni Zaccaro, in virtù della motivazione della delibera che contiene «valutazioni di inopportunità» sulle parole di Zucca. E non hanno votato nemmeno il togato di A&I Piercamillo Davigo e i due laici in quota M5S, Alberto Maria Benedetti e Fulvio Gigliotti. Durante l’istruttoria svolta dalla prima commissione erano stati sentiti, tra gli altri, il procuratore generale di Genova, Valeria Fazio, e il questore Sergio Bracco, secondo i quali le frasi pronunciate dal sostituto procuratore generale non avevano determinato «una vera e propria incompatibilità ambientale in relazione ai rapporti con i colleghi, la polizia giudiziaria, gli avvocati». Nei riguardi di Zucca, inoltre, «non risultano presentate denunce o esposti, né da parte della Polizia né da parere degli avvocati». Sul caso era stato avviato anche un provvedimento predisciplinare dal procuratore generale della Cassazione, concluso con l’archiviazione. Non è la prima volta che Zucca finisce nel mirino del Csm: già nel 2015, a seguito di alcune dichiarazioni pubbliche sull’operato della polizia, la sua pratica era stata archiviata.