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Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del prossimo 10 novembre, parlerà del caso che riguarda il giudice del tribunale di Lecco, Marta Paganini che, per quattro consiglieri togati, sarebbe vittima di calunnia da parte delle Iene e dei social network. La richiesta di un’apertura di una pratica a tutela dell'indipendenza e dell'autonomia del magistrato porta la firma di Paola Braggion, Loredana Micciché, Antonio D’Amato ed Emanuele Basile. La delibera del Comitato di Presidenza è del 9 dicembre 2020.
Il caso giudiziario da cui nasce la richiesta
Tutto parte da un servizio delle “Iene”. Secondo i consiglieri del Csm, i giornalisti del programma in onda su Italia Uno «hanno in più occasioni reso servizi televisivi in cui avrebbero senza ragione affermato che C. G. è privato senza ragione della propria libertà personale, senza tenere in considerazione che il trasferimento del predetto all’interno di una struttura residenziale è avvenuto all’interno del procedimento di amministrazione di sostegno, all’esito di una c.t.u. (nella quale è stata accertata “l’esistenza di una patologia psichiatrica che inficia la capacità di intendere compromettendo anche la capacità di volere”) e a causa dei comportamenti tenuti dalla persona che con lui conviveva (Brahim El Maoury), indagato per circonvenzione di persona incapace proprio ai danni del G.; l’amplificazione mediatica volutamente creata dalle trasmissioni delle Iene ha determinato la presentazione di due interrogazioni parlamentari e reiterate minacce ed insulti sui social network ai danni del giudice tutelare e dell’amministratrice di sostegno, tanto da indurre il presidente del Tribunale di Lecco a chiedere un servizio di protezione alla Prefettura». La richiesta dei suddetti consiglieri si concludeva così: «Si ritiene che le dichiarazioni lesive del prestigio e della indipendenza della dottoressa Paganini comportino un grave turbamento nello svolgimento della sua attività con deleteri riflessi sulla credibilità dell’azione giudiziaria ed appaiono irrispettose delle prerogative della magistratura». La segnalazione al Csm è giunta grazie ad una nota firmata il 3 dicembre 2020 dal presidente del tribunale di Lecco, Ersilio Secchi, il quale ricostruiva il «turbamento» della dottoressa Marta Paganini relativamente alla presunta campagna diffamatoria portata avanti dai giornalisti.
La relazione di Marta Paganini
Il giudice Marta Paganini aveva sottolineato, nella nota a sua firma, che i reportage delle Iene, erano basati su una «versione dei fatti assolutamente faziosa, parziale e non corrispondente alla realtà dei fatti», che avrebbero scatenato una «scia d’odio» sui social networks ai danni dell’amministratrice di sostegno e hanno determinato due interrogazioni parlamentari nonché l’interessamento del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.
Il caso in Parlamento
Nel merito della vicenda, Marta Paganini aveva ribadito che, contrariamente a quanto affermato nei servizi giornalistici, «non vi è stato alcun t.s.o. ai danni del G.; G. viveva ad Airuno in una sorta di stalla, in condizioni abitative altamente pregiudizievoli e al limite della dignità umana; più persone si erano approfittate della generosità del predetto tant’è vero la Procura di Lecco ha chiesto il rinvio a giudizio di sette persone - tra cui Brahim El Mazoury - per circonvenzione di incapace proprio ai danni del G.; è stata una c.t.u., disposta nel corso della procedura di amministrazione di sostegno, ad evidenziare che il G. ha una patologia psichiatrica che inficia la capacità di intendere, compromettendo anche la capacità di volere; dopo il deposito della c.t.u. El Mazoury “ha portato G. a casa sua in Brivio, trasferendo la residenza e inserendolo nel suo stato di famiglia; nei servizi televisivi è stata più volte riportata un’affermazione della precedente amministratrice di sostegno, la quale, in un colloquio con il G. (registrato da El Mazoury), gli ha detto che in accordo con il giudice avrebbe chiesto una perizia a suo cugino, che quindi sicuramente sarebbe stata favorevole a G., senonché è saltato tutto a causa della nomina di un legale; tali affermazioni dell’ex amministratrice, certamente gravi e inopportune, non corrispondono affatto al reale svolgimento dei fatti, atteso che sin dal mese di febbraio 2020 avevo disposto c.t.u. nominando un consulente esterno iscritto presso il Tribunale di Milano, e non già il cugino del precedente amministratore di sostegno, psichiatra iscritto all’albo presso il Tribunale di Lecco». Il caso era addirittura approdato in Parlamento, visto che il 4 gennaio 2021, il tribunale di Lecco era stato costretto ad inviare una dettagliata relazione al presidente della Corte d’Appello di Milano.
Csm contro le “Iene”
Nel mirino del Csm poi finiscono anche i servizi giornalistici delle Iene. Il primo è andato il 17 novembre 2020, dove «viene trasmessa una registrazione visiva in cui C.G., qualche giorno prima del suo trasferimento nella struttura residenziale, manifesta a chiare lettere la sua volontà di non andarci. Si dà poi conto, per sommi capi, dell’iter del procedimento di amministrazione di sostegno. Viene quindi dato molto spazio alla narrazione di El Mazoury, che sottolinea più volte l’opposizione del G. al trasferimento nella rsa, avvenuto solo in via coattiva e per effetto della presenza dei Carabinieri. Tale aspetto viene ribadito più volte. Si aggiunge poi che, dopo il trasferimento nella rsa, non ci sono più notizie di G.. Si riporta altresì che l’amministratrice non ha ascoltato le richieste del G., anche relative alle attività agricole dallo stesso svolte ed alle risorse necessarie per dedicarvisi, ivi compreso l’acquisto di un autocarro; attrezzo che poi è stato acquistato con modalità che la trasmissione critica, gettando dubbi sulla correttezza dell’amministratrice di allora». Inoltre, in questa registrazione «si sente la precedente amministratrice dire che, in accordo con il giudice, la c.t.u. sarebbe stata conferita ad un suo parente; si aggiunge che la stessa precedente amministratrice avrebbe indicato ad El Mazoury l’avvocato da cui difendersi in sede penale dall’accusa di circonvenzione di incapace, e lo avrebbe indicato nella persona dell’avv. Barra, attuale amministratrice. L’avv. Barra viene fermata per strada ed inseguita: le si rivolgono delle domande, lei dà alcune risposte alle quali seguono ulteriori ed incalzanti domande, anche se, sin dall’inizio, l’amministratrice aveva detto a chiare lettere alla giornalista di non voler più rispondere”. Nelle successive puntate, invece, le “Iene” avevano intervistato una persona a volto coperto, dipendente della Rsa di Lecco dove dimora G., il quale dichiarava che “il predetto ha subito un t.s.o., è sano come un pesce, non prende farmaci ma vuole tornare a casa, tant’è che all’inizio, come forma di protesta, mangiava soltanto pane e acqua». Al centro dei successivi servizi televisivi finiscono anche i bonifici effettuati da G. nei riguardi di un avvocato, che scatenano la reazione del presidente del tribunale di Lecco, Ersilio Secchi, il quale, in un documento, intende smentire le dichiarazioni rese in puntata dalle persone sentite dalle “Iene”.
I commenti su Facebook
Il caso nel 2021 approda in prima commissione. I consiglieri sentono la dottoressa Marta Paganini, la quale fa acquisire agli atti del suo fascicolo i contenuti di una pagina Facebook, dove erano stati pubblicati diversi commenti ritenuti offensivi dalla magistrata. «Da esse emergono numerosi e vari commenti verbalmente violenti, nonché gravemente e gratuitamente diffamatori eo calunniosi, nei riguardi dell’amministratrice e del giudice, spesso anche con l’utilizzo di linguaggio triviale» evidenzia il Csm.
Paganini indagata e archiviata
Nell’ambito di questa vicenda giudiziaria, il Csm fa rilevare che il 20 luglio 2021 Brahim El Mazoury è stato condannato in primo grado, all’esito di giudizio abbreviato rispetto all’imputazione di circonvenzione di persona incapace, alla pena di un anno e otto mesi di reclusione e alla restituzione, in favore del G., di 18.000 euro. Ma per la dottoressa Paganini c’è ancora un altro aspetto spinoso da affrontare e riguarda una denuncia presentata da un uomo residente a Castiglione Torinese, che ha ritenuto di sporgere denuncia contro Marta Paganini per la gestione della vicenda G., traendo spunto proprio dai servizi televisivi delle Iene. In ragione di tale denuncia la Procura di Brescia, il 24 aprile 2021, aveva iscritto il giudice di Lecco nel registro delle notizie di reato per il delitto di abuso, successivamente archiviato il 5 luglio, poiché non è emerso «alcun atto o provvedimento assunto dal Giudice e/o all’amministratore di sostegno che possa dirsi contrario a norma di legge o regolamento ovvero assunto in omissione di un preciso obbligo di astensione da parte del pubblico Ufficiale».
Le conclusioni del Csm
Per i quattro consiglieri del Csm, «la vicenda giudiziaria che ha interessato ed interessa C.G. è stata, in più occasioni, rappresentata dalla trasmissione televisiva “Le Iene”, in maniera incompleta e non adeguata, determinando un turbamento alla credibilità della funzione giudiziaria, dando la parola a Brahim El Mazoury, ossia a colui che era allora imputato per circonvenzione di incapace ai danni dello stesso G. e che ora, per tale reato, è stato anche condannato in primo grado; non è stato tuttavia adeguatamente evidenziato che G. si era recato più volte dai Carabinieri per dolersi delle condotte di El Mazoury e delle altre persone che occupavano l’immobile di sua proprietà, le quali gli avevano chiesto sempre più soldi, lo avevano per questo minacciato, svegliato di notte e, in alcuni casi, finanche costretto a dormire nella contigua porcilaia; non è stato detto che, specie nei mesi antecedenti al trasferimento nella r.s.a., l’abitazione del G. si era ridotta in condizioni indecorose, anche per quanto attiene all’igiene; non ci si è soffermati sulle elargizioni effettuate dal G. in favore di El Mazoury, per le quali – o per alcune delle quali – è intervenuta, a seguito dell’esercizio dell’azione civile in sede penale da parte dell’amministratrice di sostegno, condanna in primo grado alla restituzione in favore del G., segno che almeno una parte di tali elargizioni non era certo stata spontanea; non è stato poi detto che il primo trasferimento del G. dalla propria abitazione è stato attuato proprio da El Mazoury, il quale, una volta resi noti gli esiti della c.t.u. disposta nel corso del procedimento di amministrazione di sostegno, aveva fatto trasferire G. nel suo stato di famiglia; non è stato detto che proprio El Mazoury aveva tenuto una condotta ostile e provocatoria nei riguardi dell’amministratrice di sostegno e dei Carabinieri che erano intervenuti per provvedere al mutamento della dimora del G».
Quell’accertamento sanitario obbligatorio
«Non corrisponde poi al vero che vi fu t.s.o., così come alfine riconosciuto dalle stesse Iene solo nella puntata dell’8 dicembre. Invero, nei riguardi del G., venne deliberato dalle autorità competenti un accertamento sanitario obbligatorio (a.s.o.), onde sottoporre l’interessato ad accertamenti psichiatrici. Non fu però necessario porre in essere l’a.s.o. giacché G., sia pure dopo iniziali resistenze, lasciò spontaneamente la sua dimora e seguì l’amministratrice nel reparto di psichiatria dell’ospedale», scrivono Braggion, Micciché, D’Amato e Basile.
Difendere l’immagine del tribunale di Lecco
Ancora più duro il commento conclusivo relativo all’apertura di una pratica a tutela dell’indipendenza e dell’autonomia del giudice Marta Paganini. «L’incessante campagna mediatica ha dato i suoi prevedibili frutti: l’amministratrice e il giudice tutelare sono stati ampiamente e gravemente dileggiati e calunniati sui social networks, anche sulle pagine Facebook, con interventi che nel linguaggio adoperato sono stati incivili e spesso triviali e che, nella sostanza, in numerosi interventi hanno apertamente affermato l’esistenza di un complotto tra il giudice tutelare e l’amministratrice di sostegno con lo scopo di sottrarre a C.G. le sue risorse; l’immagine del Tribunale di Lecco è stata quindi ampiamente compromessa e, comprensibilmente, è stata ed è intaccata la necessaria serenità con cui deve svolgersi il lavoro giudiziario; l’amministratrice di sostegno (pubblico ufficiale per quanto attiene alla procedura di amministrazione di sostegno) è stata riportata con il suo nome e il suo cognome, pedinata e inseguita per strada, esponendola a un prevedibile linciaggio mediatico e delineandola come un professionista poco capace, poco sensibile ai diritti costituzionali dei propri amministrati se non autrice di condotte illecite, con un conseguente danno alla credibilità professionale, difficilmente riparabile; sotto la r.s.a. che ospita C.G. vi sono poi state manifestazioni di persone incatenate e il personale della struttura riesce con difficoltà a svolgere serenamente il proprio lavoro». Infine, «il Consiglio ritiene di dover affermare che, nel caso di specie, si siano ampiamente travalicati i limiti di serena e obiettiva cronaca e critica dei provvedimenti giudiziari e si siano verificate plurime indebite interferenze volte a condizionare il percorso ordinario della vicenda giudiziaria».