Le assunzioni? Ci sono: pronto il bando per mille amministrativi della Giustizia. E da ieri c'è anche il decreto per il concorso che consentirà di arruolare altri 360 magistrati. Il guardasigilli Andrea Orlando non sceglie la data a caso, per avviare la procedura: lo fa a quattro giorni dal fatidico incontro con l'Anm. Prova a presentarsi con le carte in regola al vertice trilaterale: di fronte avrà Piercamillo Davigo, a fianco il premier Matteo Renzi. Al centro la partita del ddl penale, origine della nuova insofferenza delle toghe verso il governo.No all'articolo 18La polemica dell'Associazione magistrati ha uno slogan: la giustizia è inghiottita dalle carenze di organico. Con i nuovi innesti di cancellieri e giudici (per questi ultimi il diario delle prove uscirà il 7 aprile 2017) il ministro della Giustizia tenta di escludere l'argomento dalla discussione. Ma i nuovi concorsi potrebbero non bastare. Al sindacato delle toghe preme in realtà un'altra questione: una norma inserita nella riforma del processo e ritenuta insostenibile dalle Procure. Si tratta dell'articolo 18 - coincidenza singolare - del ddl sulla giustizia (divenuto in realtà, nella versione emendata dalla commissione Giustizia, l'articolo 17 del maxi provvedimento). Vi si legge che il pm deve esercitare l'azione penale in un tempo massimo di tre mesi dalla chiusura delle indagini. Imposizione assurda, secondo la magistratura inquirente, considerato che l'inosservanza produrrebbe l'avocazione del fascicolo da parte del procuratore generale e il rischio di azioni disciplinari. La linea maginot dell'Anm è tutta lì. Il resto è dialettica sindacale, diversivo per guadagnare margini di trattativa. Sono solo strategici anche gli anatemi contro la riforma della prescrizione, che Davigo non ha alcun interesse ad osteggiare: non dovesse andare in porto la legge di Orlando, si resterebbe inchiodati all'odiatissima ex Cirielli.Lunedì 24 è il giorno della verità sulla giustizia: il guardasigilli dovrà fare i conti con le resistenze delle toghe ma anche con i timori del premier. Matteo Renzi ha chiamato in causa «le perplessità degli amici magistrati» per spiegare il no alla fiducia sul ddl penale. In realtà teme soprattutto che la minima obiezione di Davigo finisca nell'armamentario polemico dei cinquestelle e alimenti la campagna contro «una riforma del processo fatta apposta per salvare mafiosi e corrotti». In piena battaglia referendaria è un rischio che Renzi non intende correre. Non a caso la riforma del processo è scomparsa dal calendario del Senato. Non a caso il calendario è stato definito fino al 4 dicembre, data del referendum. Davigo e la sua giunta hanno messo a fuoco le contraddizioni nell'esecutivo. Mercoledì sera hanno sì criticato il decreto Cassazione e la proroga in servizio dei soli apicali delle alte magistrature, ma senza eccedere nelle minacce. Nel comunicato diramato dal presidente dell'Anm insieme col segretario Francesco Minisci si parla di «disorientamento», di «dubbia costituzionalità delle norme», di inevitabili «ricorsi dei colleghi discriminati». Eppure nelle rimostranze non risuona mai la parola «sciopero», che pure il Comitato direttivo centrale dell'Anm ha paventato sulle carenze d'organico, nonostante le assunzioni già annunciate da Orlando.L'Anm attendistaLa magistratura insomma non si spinge troppo in là nelle schermaglie e confida nella cautela di Renzi. Dovrebbero bastare i dubbi del premier a lasciare in freezer la riforma penale e la contestata tagliola dei 3 mesi. Eppure non si può dare nulla per scontato, perché anche la resa di fronte agli aut aut dei giudici non sarebbe un grande spot nella corsa per il Sì. La partita del 24 è ancora aperta e il guardasigilli confida di scoprire le carte di Davigo: il no alla norma sull'esercizio dell'azione penale è in fondo una chiusura sindacale esattamente al pari di altre che il governo ha snobbato. Ieri Orlando ha incassato i riconoscimenti del suo omologo statunitense Loretta Lynch, "attorney general", che tradotto vale procuratore generale ma che sta semplicemente per "capo del dipartimento Giustizia". «Nella cooperazione contro la lotta alla criminalità non avremmo potuto chiedere miglior partner se non l'Italia», ha detto la rappresentante dell'amministrazione Obama, in stereofonica coincidenza con gli elogi a Renzi del presidente Usa. Altra frase chiave dell'incontro avvenuto presso la Scuola ufficiali dei carabinieri: «Nessun paese può affrontare la corruzione da solo». Neppure se rende infiniti i processi per i reati contro la pubblica amministrazione. Iperbole invocata dall'Anm dietro cui si nasconde il fine, non meno nobile, di trattare condizioni di lavoro migliori come qualunque altro sindacato.