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Si è acceso in questi giorni il dibattito sulla corretta applicazione del “codice rosso”, la riforma della disciplina penale, sia sostanziale che processuale, della violenza domestica e di genere. Approvate dall’esecutivo uscente e in vigore dal 9 agosto, le norme incidono in maniera significativa su reati particolarmente odiosi e di grande allarme sociale. Il primo ad aver evidenziato alcuni effetti imprevisti del nuovo impianto è stato il procuratore di Milano, Francesco Greco, all’indomani dell’uccisione da parte del marito, nonostante lo avesse più volte denunciato, di Adriana Signorelli. Il punto più controverso riguarda la tempistica: il pm, entro 72 ore dall’iscrizione della notizia di reato, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti.
In sole tre settimane sono “raddoppiate” le denunce, ha sottolineato Greco, evidenziando come la Procura sia stata costretta a un superlavoro. Il fenomeno può certamente essere spiegato con la novità, positiva per le vittime, di potersi “esporre” senza correre il rischio che l’autore degli abusi metta in atto ritorsioni prima ancora che l’indagine venga avviata.
Ma dal Palazzo di giustizia di Milano, alcuni magistrati hanno però sottolineato altri aspetti che stanno condizionando la gestione di questi procedimenti.
Il “fattore tempo” incide in maniera significativa.
Alcune denunce, infatti, potrebbero essere “sovradimensionate”: spesso la tensione del momento porta ad amplificare da parte del denunciante condotte che, con gli animi “stemperati”, sono inquadrabili in maniera molto diversa. Senza considerare, poi, il rischio di strumentalizzazione della denuncia da parte del coniuge in fase di separazione.
Avendo previsto la nuova norma l’obbligo di trasmissione degli atti da parte del giudice penale a quello civile, non è da escludere il rischio che qualcun possa approfittarne per “condizionare” la decisione finale. La soluzione non è facile, anche perché si tratta di reati in cui le dichiarazioni della parte lesa sono quasi sempre l’unico elemento di prova per il giudizio. Ecco dunque che la specializzazione del giudice sarà di estrema importanza. Come del resto, quella della polizia giudiziaria.