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L’ergastolo ostativo nega in radice il concetto di risocializzazione che dovrebbe giustificare, almeno come possibilità, la pena anche nella sua massima estensione. Il 2019 è stato però l’anno nel quale si è messo in discussione, grazie anche alle pronunce della Cedu e della Corte costituzionale, la questione di un “doppio binario” che caratterizza il nostro sistema giudiziario non solo nella fase processuale ma anche in quella dell’esecuzione della pena. Attenzione, il doppio binario rimane, ma il 4 bis che ne costituisce il perno ha smesso di sbarrare l’accesso ai benefici ( per ora solo il permesso premio) anche per i condannati che non vogliono collaborare con la giustizia. Una norma, il 4 bis, che nasce come una eccezione ma che con il passar del tempo si è ampliata e come una calamita ha attirato a sé tutti quei reati che diventano – a seconda le emozioni del momento – delle vere e proprie emergenze. Anche quando le emergenze, di fatto, non ci sono.
In questi ultimi due anni, come detto, ci sono state novità importanti. Ma, come sosteneva lo storico Tucidide, bisogna conoscere il passato per capire il presente e orientare il futuro. È appena uscito un libro che non solo analizza il passato, ma fa capire molto bene il presente dando gli strumenti necessari per monitorare un’esecuzione della pena legale, il più possibile conforme ai principi costituzionali e compatibile con la dignità umana della persona condannata. Il libro, della casa editrice Giuffrè Francis Lefebvre, si intitola “Regime ostativo ai benefici penitenziari” ed è scritto dalla giovane avvocata Veronica Manca. Lei è membro dell’osservatorio carcere della Camera Penale di Trento, componente dell’osservatorio Europa delle camere penali e, non è un caso, fa parte del direttivo dell’associazione radicale Nessuno Tocchi Caino.
Il libro ripercorre l’evoluzione del “doppio binario” e le prassi applicative. Potrebbe far pensare che sia un libro rivolto soltanto agli avvocati, magistrati, giuristi in generale. In realtà è scritto in maniera chiara e scorrevole, a tratti avvincente soprattutto nel capitolo relativo alla genesi del 4 bis: parte dalla legge Gozzini, passa per le stragi di Capaci e di Via D’Amelio e non manca di ricordare la prima introduzione voluta da Falcone che – alla faccia di chi strumentalmente utilizza il suo nome - inizialmente non precludeva in maniera assoluta i benefici a chi non collaborava. Interessante il riferimento ai tempi dell’Ucciardone di Palermo quando i mafiosi mangiavano “aragoste e champagne” e commissionavano gli omicidi. Un capitolo, quello della genesi del 4 bis, utilissimo sia per contestualizzare e sia per paragonare lo spirito emergenziale di allora ( scoppiavano le bombe) con quello di oggi. Non a caso l’autrice arriva a parlare anche della cosiddetta Spazzacorrotti, una legge emergenziale ( si allarga il 4 bis anche nei confronti di chi commette reati di corruzione nella pubblica amministrazione) quando l’emergenza non c’è.
Il libro dell’avvocata Manca pone l’obiettivo di fornire, quindi, tutti gli strumenti necessari per un approccio sistematico all’applicazione dell’articolo 4 bis e di tutte quelle ricadute pratiche. Un 4 bis, come viene ben spiegato nel libro, che adatta la struttura dell’ordinamento penitenziario al principio del trattamento esecutivo differenziato dei reclusi sulla base del titolo di reato per il quale sono stati condannati. Nel libro, infatti, vengono affrontati tutti i reati che fanno parte del 4 bis e non manca l’approfondimento dei reati sessuali. Quelli che creano maggiore indignazione,
forse più della mafia stessa. Non a caso, secondo il “codice d’onore” dietro le sbarre, ad esempio i “pedofili” non hanno diritto di esistenza.
Un tema – come si legge nell’introduzione del capitolo – «complesso e articolato, sia dal punto di vista scientifico, per la difficile ricerca di una categoria unitaria di tipi d’autore, detti “sex offender”; sia giuridico, a causa del susseguirsi di leggi, spesso stratificate, e anche contraddittorie». Sono crimini sessuali che rientrano alla “terza fascia” del 4 bis. Leggendo il libro, uno apprende che l’ordinamento penitenziario prevede per chi si è macchiato di questi gravi e indicibili crimini sessuali, un loro recupero attraverso programmi terapeutici e utili anche per dare elementi di valutazione al magistrato di sorveglianza per la concessione o meno dei benefici penitenziari.
Tutto ciò che l’avvocata Manca ha descritto e narrato come se fosse un romanzo dell’esecuzione penale, ha fatto emergere quanto sia complesso e stratificato il 4 bis, creando così un ordinamento penitenziario che assomiglia a un sistema multilivello. La riforma dell’ordinamento penitenziario doveva essere epocale, ma oltre ad essere stata approvata a metà, rischia di subire una involuzione nonostante l’orientamento della giurisprudenza trans- nazionale. Il rischio di un “sovranismo giudiziario” è di nuovo alle porte. Per questo vale la pena di leggere il libro di Veronica Manca, dove mette di nuovo al centro la dignità della persona che deve comunque rappresentare – come dice l’autrice stessa – «il nucleo essenziale della legalità della pena».