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Guerra tra Procure? Come no. Ma se c’è, nella migliore delle ipotesi è una riduzione del conflitto originale. In cui c’entrano poco sia i pm di Napoli che i colleghi della Capitale. Il vero scontro è tutto interno all’Arma dei carabinieri. Questione a dire il vero già emersa un paio di mesi fa, persino prima che il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone revocasse il mandato ai militari del Noe. Già a inizio marzo, dietro le informative piene di teoremi contro Matteo Renzi e di ricostruzioni poi rivelatesi fasulle, si intravide l’ombra di tensioni ai vertici dell’Arma. Ma ora è il protagonista negativo di tutta la vicenda, il capitano Gian Paolo Scafarto, a svelarlo: in una conversazione intercettata poco più di un mese fa, di cui dà conto La Stampa di ieri, il carabiniere indagato a Roma confessa di aver forzato un po’ la mano, nel predisporre l’informativa, perché sollecitato dal sostituto procuratore di Napoli Henry John Woodcock. Ma so- prattutto ammette un timore: finire per dover pagare «il conto» al posto di tanti che, in tutta la storia, hanno evidentemente un peso maggiore del suo: Woodcock innanzitutto, ma anche l’ex vicecomandante del Noe Sergio De Caprio, alias Capitano Ultimo, e l’attuale comandante dell’Arma in Calabria, il generale Vincenzo Paticchio.
Un fatto enorme, che fa dell’inchiesta Consip una trama dai contorni sempre più inquietanti, con tratti che sembrano rimandare addirittura a un’azione eversiva. Ma in attesa che oltre a Pignatone si muovano anche altre autorità ( il Csm per esempio) bisogna distinguere i due filoni: Woodcock e Paticchio. Del primo già si è detto molto. Se e in che misura il pm dal cognome inglese abbia agito in modo da acuire le tensioni con i colleghi di Roma sarà chiarito nelle prossime ore. Forse. Ma in realtà la stessa posizione di Woodcock appare persi- no residuale se messa a confronto con il peso incredibile che sembra avere nell’intreccio Consip l’assurda guerra tra carabinieri. Il generale Paticchio, evocato da Scafarto come figura decisiva della vicenda, è attualmente comandante dell’Arma in Calabria. Nel suo curriculum recente ci sono due passaggi chiave: comandante del Noe per 5 anni, viene avvicendato nel luglio 2015 da Sergio Pascali e trasferito, per ordine del comandante generale Tullio Del Sette, alla Direzione centrale Antidroga, non proprio la prima linea dell’Arma; pochi giorni fa, il 9 maggio scorso, Paticchio torna in trincea, stavolta come comandante della Legione Calabria. Quando era numero uno del Noe, nucleo di cui fa tuttora parte Scafarto, Paticchio era un gradino sopra Sergio De Caprio, a sua volta esautorato dalle inchieste proprio dopo l’avvicendamento tra Paticchio e Pascali e poi spostato direttamente ai Servizi nell’estate 2016. Così come il collega che catturò Riina, pure Paticchio pare aver preso malissimo la decisione con cui Del Sette lo “depose” da comandante del Noe. Lui, l’attuale vertice dei carabinieri in Calabria, pare abbia vissuto quel trasferimento come un esilio. E pare che, come per Ultimo, anche la sua vicenda abbia suscitato un diffuso risentimento tra diversi ufficiali rimasti in forza al reparto ecologico. Verso chi? Del Sette, naturalmente. Che è tra gli indagati di Consip, in particolare per rivelazione del segreto. C’entra qualcosa tutto questo con i contenuti dell’inchiesta riguardanti proprio il comandante generale? E che relazione potrebbe esistere tra il fatto che sia Del Sette che l’altro carabiniere indagato nell’inchiesta, il comandante della Toscana Saltalamacchia, avessero buone relazioni con il governo Renzi e le accuse di Scafarto all’ex premier? E ancora, c’entrano qualcosa le tensioni nell’Arma e con le forzature che per esempio inducono i pm di Napoli a intercettare il padre dello stesso Renzi nonostante la posizione di quest’ultimo competa ai colleghi di Roma? In attesa che qualcuno risponda, è difficilissimo non coltivare un sospetto. E cioè che i pm, in tutta questa storia, siano solo delle comparse. Quasi degli strumenti. Finiti nelle mani di chi, probabilmente all’interno dell’Arma, è sollecitato da contrasti che non c’entrano nulla con i magistrati, E che però, nel tortuoso vortice di risentimenti e ripicche, rischiano di travolgere, oltre alla politica, anche l’ordine giudiziario.
L’INTERCETTAZIONE IN CUI IL CAPITANO DEL NOE PARLA DEL MAGISTRATO NAPOLETANO CHIAMA IN CAUSA L’EX CAPO DEL REPARTO, CHE ( COME “ULTIMO”) FU MANDATO VIA PER DECISIONE DEL COMANDANTE GENERALE