PHOTO
Nicola Gratteri
«I have a dream». Ma per Nicola Gratteri non è come per Martin Luther King: «Noi abbiamo la legislazione antimafia più evoluta al mondo, almeno prima della riforma Cartabia che mi auguro, sogno, fantastico non venga approvata in Senato». Ecco la Gratteri’s version. Un po’ deprimente. Ma da prendere sul serio. Ci ricorda che non è finita. In effetti ne avevamo scritto sul Dubbio proprio ieri: attenti, la riforma del processo è passata solo in un ramo del Parlamento, ha scritto Valentina Stella, e a Palazzo Madama i 5 Stelle, incoraggiati dalla Anm, sono pronti a sfigurare il già malconcio compromesso dell’improcedibilità. Gratteri è il magistrato che insieme con Federico Cafiero de Raho ha cambiato il corso del ddl penale. È stata l’audizione dei due pm antimafia a suggerire la strategia grillina: chiedere che almeno i processi per 416 bis e dintorni non avessero fine. Adesso, dopo che c’eravamo illusi di averla chiusa col lodo Draghi-Conte- Cartabia, ecco l’oracolo di quella modifica riapparire e augurarsi la catastrofe. Non ce ne vorrà, il procuratore di Catanzaro – che almeno ha il pregio di dire quello che pensa – ma il suo augurio, pronunciato giovedì sera a un dibattito sulla giustizia organizzato dalla polizia in Calabria, ricorda le mani nere che nei film dell’orrore si stagliano dalla terra delle sepolture, ti afferrano e ti trascinano giù proprio quando speravi di averla scampata. Ma a parte le immagini alla Dario Argento, la verità è che l’auspicio di Gratteri sull’affossamento della riforma Cartabia suggerisce la stasi, l’anelito all’immutabilità. Ecco, di nuovo ci viene in mente la missione propria dei garantisti, nel tornante che la giustizia ha imboccato: cambiare, cambiare comunque. Sfuggire alla stasi. Liberarsi dalle mani che vogliono riportare il “fine processo mai” lì dove l’aveva piantato Bonafede. Ricordiamocelo, quando ci sembrerà che la “prescrizione processuale” è una roba troppo strana per archiviare il giustizialismo. Meglio cambiare che finire nel sogno di Gratteri. Cioè nel nostro incubo.