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“Quando usciremo da qui vorremmo fare qualcosa di buono ma la gente continua a guardarci male”. Così un giovane recluso nell’Istituto penale per minorenni di Nisida si è rivolto al giudice costituzionale Giuliano Amato. In queste parole c’è tutto il senso del docufilm “Viaggio in Italia: la Corte costituzionale nelle carceri”, prodotto da Rai Cinema e Clipper Media per la regia di Fabio Cavalli. Chi ha sbagliato e ha rotto il patto con la società chiede una seconda possibilità una volta scontata la pena. Ma spesso pregiudizio e diffidenza non permettono il reinserimento. Ed allora i massimi rappresentanti della legalità costituzionale hanno scelto di uscire dal Palazzo della Consulta e incontrare il mondo dell’illegalità, per rompere metaforicamente il muro che separa i giusti dagli ingiusti e farci capire, come ha ben detto la giudice costituzionale Daria De Petris, che «il reato resta alle spalle della persona, orientata invece al futuro». Affinché questo futuro non sia emarginazione sociale ma speranza di ricongiunzione con la società, è necessaria la conoscenza, è importante capire, come racconta il giudice costituzionale Francesco Viganò nel suo incontro con i detenuti, «che l’uomo non è il reato che ha commesso». Da tutto questo è nata un’opera straordinaria che ha come protagonista l’umanità dello Stato di Diritto.
Il docufilm è stato presentato due sere fa in anteprima all’Auditorium Parco della musica a Roma alla presenza del presidente del Capèo dello Stato Sergio Mattarella. Accanto a lui il presidente della Camera Roberto Fico e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Andrà in onda domenica 9 giugno in seconda serata su Rai 1 all'interno dello Speciale Tg1. E si spera che presto si possa vedere anche in prima serata perché è una opera destinata a tutti, come ha espresso in un tweet anche il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin, al termine della proiezione: «Consiglio a tutti di vederlo, specie a chi aspira a vedere essere umani “marcire in galera”». Stesso concetto ribadito da Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema: questo film rappresenta una «esperienza unica; si tratta di operazione di servizio pubblico, un racconto ai cittadini di due mondi poco conosciuti come la Corte Costituzionale e il carcere».
Il film inizia con voci fuori campo di spezzoni di notiziari dove si parla di sovraffollamento in carcere, mancanza di agenti, suicidi, ossia le problematiche che affliggono il sistema penitenziario. Da lì poi parte il viaggio letteralmente della speranza dei sette giudici della Corte Costituzionale ( Lattanzi, Amato, Cartabia, Coraggio, De Pretis, Sciarra, Viganò) in sette Istituti penitenziari italiani: Rebibbia a Roma, San Vittore a Milano, Sollicciano a Firenze, Marassi a Genova, Terni, Lecce sezione femminile, il carcere minorile di Nisida. Ad accompagnarli, l'agente di Polizia penitenziaria Sandro Pepe. Per il presidente Lattanzi, intervenuto prima della proiezione, «i veri protagonisti di questo film sono propri i detenuti. Solo dai veri incontri nascono i veri cambiamenti». Dietro la macchina da presa Fabio Cavalli, attore, regista, autore, scenografo, produttore, fondatore del Teatro Libero di Rebibbia. Nel 2012 ha sceneggiato ' Cesare deve morire' dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani ( Orso d'oro alla 62a edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, candidato italiano agli Oscar 2012). Anche in quell’occasione i protagonisti erano i reclusi, impegnati a mettere in scena Giulio Cesare di William Shakespeare. L’evocativa riuscita di “Viaggio in Italia” è anche merito dell’importante lavoro di Mauro Palma, Garante nazionale delle persone private della libertà personale, e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, diretto da Francesco Basentini. Nel docufilm le carceri si sono denudate e hanno mostrato anche i loro difetti, le loro imperfezioni, come ha notato l’esponente del Partito Radicale, Rita Bernardini, presente all’anteprima: «Bravi i giudici e bravi i direttori degli istituti di pena che non hanno nascosto gli angoli bui: inquietante ed evocativo quell'asinello a dondolo rovinato e impolverato scovato in un sotterraneo di un carcere, credo a San Vittore». E proprio nel carcere milanese la vice presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabio, ha fatto una tappa del viaggio: «La vita in carcere non è esilio, siete - rivolta ai detenuti - parte della vita della Repubblica». Tante ancora sarebbero le emozioni da raccontare, come quella suscitata dalla commozione di una giudice nel ricevere da una detenuta la domanda «noi non possiamo che lasciarle le nostre storie disperate, Lei cosa porterà via da questo incontro?».
Ogni volto dei reclusi è una storia di errori ma di rinascita, che si concretizza nell’articolo 27 comma 3 della Costituzione “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. E allora la Carta diventa lo scudo contro gli abusi del potere nei confronti delle persone più fragili: e chi sono i più fragili se non i minori ristretti? Proprio loro saranno i protagonisti del finale del documentario, seguito da un lunghissimo applauso della platea. Non vi sveliamo altro, vi auguriamo solo buona visione.