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Ci sarebbero stati continui rigetti alle richieste dei benefici, valutazione del differimento pena a distanza da diversi mesi dai primi contagi da Covid, nessuna concessione dei giorni di liberazione anticipata. Un centinaio di detenuti della casa di reclusione di Rebibbia ha sottoscritto una lettera inviata alla presidente della Corte d’appello di Roma, e per conoscenza alla ministra della Giustizia Marta Cartabia, al Csm e i garanti. Una denuncia durissima nei confronti dei magistrati di sorveglianza. I detenuti di Rebibbia scrivono nero su bianco che quest’ultimi avrebbero disapplicato l’ordinamento penitenziario, interpretandolo «sempre nel senso più restrittivo – si legge nella missiva -, al limite dell’arbitrio come la mancata concessione dei benefici penitenziari, con le motivazioni più inverosimili e fantasiose possibili». I detenuti hanno denunciato un clima di insofferenza La denuncia, ricordiamo, è sottoscritta da un centinaio di detenuti di Rebibbia. La garante del comune di Roma, Gabriella Stramaccioni, ha ricevuto la segnalazione dell’esistenza di questa lettera dai detenuti stessi, i quali hanno descritto un clima di insofferenza e di ribellione a ciò che secondo loro sono dei «soprusi e umiliazioni» da parte della magistratura di sorveglianza. Nella lettera inviata alle autorità, i detenuti parlano di ultraottantenni o quelli con patologie multiple, in attesa della ex 147 cp (il differimento pena), che sarebbe stata «valutata dopo moltissimi mesi, nonostante la presenza del Covid». La lettera prosegue denunciando l’impossibilità di ottenere un permesso «se non quando il familiare è già deceduto» e ci sarebbero stati numerosi casi «in cui anche far visita alla tomba dopo giorni dal decesso è stato negato».Dal tenore della lettera, si denota molta insofferenza. I detenuti denunciano che si sentono frustati «da un trattamento arbitrario e parziale dei Magistrati che concedono i benefici o pochi giorni dal fine pensa, che inventano ragioni inesistenti alla prova per tabulas di fatti e/o precedenti inverosimili o scuse fantasiose come i permessi premio negati». Aggiungono che diventano «inutili le osservazioni delle relazioni di sintesi redatte dall’equipe incaricata dell’istituto di reclusione, le quali non vengono minimamente apprezzate né valutate». Per i detenuti i fatti denunciati sarebbero facilmente dimostrabili I detenuti, rivolgendosi al presidente della Corte d’appello, tengono a specificare che tutti questi fatti sarebbero dimostrabili attraverso «le numerosissime richieste presentate e bocciate che rimangono nelle nostre mani e sono a vostra disposizione, perché siano valutate con equità ed equilibrio, cosa che oggi non è in atti, che l’arbitrio e l’abuso di potere che il Magistrato perpetra costantemente». Non solo. I detenuti aggiungono che l’azione dei magistrati, «svilisce anche il ruolo dei garanti dei detenuti, che nulla possono per i continui casi di prepotenza e iniquità nelle decisioni dei magistrati di sorveglianza». Per tutti questi motivi, i detenuti sono in attesa di un riscontro o di una richiesta di documentazione probatoria che a detta loro, si ripete e rimane a disposizione di chi «voglia assumersi delle responsabilità di fronte ai continui abusi e soprusi dei magistrati di sorveglianza», che a detta dei detenuti, sarebbero «dediti oramai al solo rincorrere di pregiudizi e intolleranza nei confronti di legittime richieste dei detenuti». Ribadiamo che quanto riportato è il contenuto della lettera inviata alle autorità, tra i quali la ministra della Giustizia Cartabia, il Csm e il presidente della Corte d’appello. Saranno loro, con strumenti adeguati, a vagliare la fondatezza di tale denuncia.