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Il carcere di Regina Coeli a Roma
Con l’ennesimo suicidio in carcere avvenuto tre giorni fa a Viterbo, il tema delle discrepanze nei dati relativi ai detenuti che si sono tolti la vita torna prepotentemente al centro del dibattito tra gli addetti ai lavori. Il garante della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, ha fatto il punto sulla tragica situazione, evidenziando le significative differenze tra le cifre raccolte dall’osservatorio “Morire di Carcere” curato da Ristretti Orizzonti, quelle fornite dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e i dati pubblicati periodicamente, a partire da giugno di quest’anno, dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. A tutto ciò si aggiunge anche un’importante analisi e riflessione di Francesco Morelli, di Ristretti Orizzonti, che solleva interrogativi sulla gestione e comunicazione dei dati presentati al Consiglio d’Europa.
Uno degli aspetti che attualmente anima il dibattito è la possibilità di stabilire se il 2024 possa essere considerato l’anno con il maggior numero di suicidi in carcere. Secondo il dossier di Ristretti Orizzonti, aggiornato a oggi, i casi registrati sarebbero 87. D’altra parte, il documento del Garante nazionale, aggiornato al 15 dicembre, riporta un totale di 82 suicidi. Per comprendere meglio il fenomeno, il garante del Lazio Anastasìa sottolinea l’importanza di andare oltre una mera valutazione statistica. Le due fonti, infatti, offrono dati sui singoli episodi, consentendo un’analisi comparativa che evidenzia le discrepanze e le caratteristiche di ogni caso.
Nel 2024 diversi casi segnalati da Ristretti Orizzonti evidenziano discrepanze rispetto ai dati del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, che – come ha analizzato il Garante laziale Anastasìa, non li include tra i suicidi o li classifica ancora come ' da accertare'. Il primo episodio risale al 18 aprile, quando un detenuto di 32 anni è deceduto nel carcere di Como dopo aver inalato il gas di una bomboletta da campeggio. Si tratta dello stesso uomo che, nel settembre precedente, era evaso dall’ospedale San Paolo lanciandosi da una finestra, ferendo gravemente un agente di polizia che aveva tentato di fermarlo. Questo caso è ancora indicato come “da accertare” nel dossier del Garante nazionale.
Un secondo caso, avvenuto il 28 giugno nel carcere di Frosinone, riguarda un giovane detenuto di 21 anni, morto anch’egli dopo aver inalato il gas di una bomboletta. Anche questo decesso è riportato come “da accertare”. Il 7 luglio, nel carcere di Potenza, si è registrata la morte per asfissia di un uomo di 81 anni. L’anziano era stato accusato di aver ucciso, pochi giorni prima, la moglie di 73 anni. Nonostante le circostanze tragiche, questo episodio è stato inserito tra i casi “da accertare” dal Garante nazionale. Un altro episodio drammatico si è verificato il 15 novembre a Genova, dove un detenuto tunisino di 28 anni è morto nel reparto di rianimazione dell’ospedale San Martino. L’uomo si era impiccato utilizzando le sbarre della finestra della sua cella; tuttavia, il caso rimane classificato come “da accertare”. Infine, il 30 novembre, un detenuto in attesa di giudizio si è lanciato da una finestra del carcere di Terni. L’uomo era stato trasferito d’urgenza, in regime di arresti domiciliari, all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Lì muore. Ma anche questo episodio non compare affatto nel dossier del Garante nazionale.
Nel contempo, Francesco Morelli di Ristretti Orizzonti ha sollevato dubbi significativi sulla classificazione dei decessi nelle carceri italiane, mettendo in evidenza le incongruenze dei dati ufficiali che riceve il Rapporto statistico penale del Consiglio d'Europa sulla popolazione carceraria (SPACE I). Ricordiamo che quest’ultimo viene annualmente aggiornato dal 1983, mappando la realtà degli istituti penitenziari negli Stati membri. Tale progetto, noto in tutto il mondo, è una fonte di informazioni e dati comparativi utilizzati da organizzazioni internazionali, decisori politici, professionisti ed esperti che lavorano nel campo penale.
Secondo Morelli, il Rapporto SPACE I classifica i decessi per cause “Altre” (“Other”) in modo diverso da Paese a Paese. Nel caso dell’Italia, ha scoperto che questa categoria comprende esclusivamente i decessi per cause naturali. Il Consiglio d’Europa è consapevole di questa peculiarità e, non a caso, i dati italiani nel rapporto risultano perfettamente allineati con quelli pubblicati dal ministero della Giustizia. Tuttavia questi numeri non coincidono con quelli raccolti da Ristretti Orizzonti e dal Garante nazionale dei detenuti.
La discrepanza apre a domande cruciali: che fine fanno i dati relativi ai decessi per cause “da accertare”? Una volta stabilito, spesso dopo anni, che si tratta di morte naturale, i dati dell’anno di riferimento vengono effettivamente aggiornati? Inoltre, rimangono dubbi sui decessi classificati come “accidentali”, ad esempio quelli per overdose, che sembrano rientrare in questa categoria. Dove vengono contabilizzati e come vengono gestiti? Queste incertezze rivelano la necessità di maggiore uniformità nella raccolta e nella classificazione dei dati, non solo per comprendere appieno le dinamiche dei decessi in carcere e garantire una più efficace prevenzione, ma anche per permettere una valutazione da parte del Consiglio d’Europa basata su dati effettivi.
Si aggiungono infine le dichiarazioni di Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino, che denuncia una situazione drammatica: «Ai suicidi si aggiungono 155 detenuti deceduti per altre cause, per un totale di 243 morti. L’ultimo si è tolto la vita a Viterbo, aveva solo 31 anni». Bernardini punta il dito contro il ministro della Giustizia, accusandolo di minimizzare la gravità della situazione: «Nordio arriva ad affermare che il trend è in calo e che suicidi e morti non c’entrano nulla con il sovraffollamento. Intanto ci dica la verità sulle morti, rispondendo alle interrogazioni di Roberto Giachetti e al lavoro incessante che fa Ristretti Orizzonti ».