PHOTO
L'Anm chiama ma i cancellieri non rispondono. Nel pieno delle polemiche tra toghe e governo sulla riforma del processo, il sindacato dei giudici ha tentato una carta a sorpresa: creare un fronte comune con gli amministrativi della Giustizia. Niente da fare. Le sigle del comparto rispondono picche. «Decliniamo il vostro invito», si legge in una risposta ufficiale e unitaria di Cgil, Cisl e Uil.«Siamo interessati al confronto con tutti gli operatori della giustizia» ma «con pari dignità e disponibilità», precisa la nota congiunta. La chiamata alle armi di Davigo deve essere sembrata strumentale. Anzi, viene recepita proprio come tale. A dirlo è Massimo Battaglia, leader di un altro sindacato molto rappresentativo tra gli amministrativi del comparto, la Confsal-Unsa: «Ho rispetto per la magistratura ma a me è parso chiaro il senso dell'invito: strumentalizzarci in modo che i magistrati potessero avere più forza nel confronto col governo sulla proroga delle loro pensioni».Salta dunque l'incontro che l'Anm avrebbe voluto celebrare per oggi in Cassazione. L'appuntamento era stato fissato per le 14. La lettera di "convocazione" recava la firma del segretario dell'Anm Francesco Minisci, pm a Roma, ed era stata inviata lo scorso 5 ottobre a ben 9 rappresentanze sindacali. Dopo una settimana, il giorno 11, è arrivata la risposta delle tre sigle confederali, sottoscrita da Salvatore Chiaramonte (Cgil), Sandro Colombi (Uil) e Paolo Bonomo (Cisl). Contemporaneamente, a Minisci è pervenuto anche il no formale di Battaglia per la Confsal. Poche ore dopo lo stesso segretario e il presidente dell'Anm Piercamillo Davigo hanno fissato per il 24 ottobre il decisivo incontro con il governo. Quel giorno il sindacato dei giudici vedrà il premier Matteo Renzi e il ministro della Giustizia Andrea Orlando. L'Anm ha deciso così di rinviare la riunione che si sarebbe dovuta tenere oggi e alla quale erano stati invitati appunto anche i sindacati dei cancellieri. Ma visti i risultati, è chiaro che alla prossima assemblea del direttivo Anm prenderanno parte solo magistrati. Prima di unirsi a loro, i cancellieri aspetteranno che i termini di un'eventuale alleanza con le toghe siano impostati diversamente.Di certo al confronto con l'esecutivo del 24 ottobre si affronteranno due questioni: la norma inserita nella riforma penale che dà ai pm novanta giorni di tempo per decidere sul rinvio a giudizio, e in subordine la proroga del pensionamento per i vertici della Cassazione. È evidente che i temi caldi del confronto Anm-governo poco interessano ai cancellieri. E questo forse spiega l'insuccesso totale dell'avvicinamento tentato dai giudici. «In un altro momento avrei accettato l'invito», spiega ancora Battaglia, «ma adesso è chiaro che l'Anm cerca soldati che facciano vincere la battaglia ai colonnelli». Nella lettera di Minisci si faceva riferimento alla «intollerabile carenza di risorse e di personale in cui versa la Giustizia». «Ma a me sembra che il loro problema in questa fase sia un altro», chiosa il segretario della Confsal-Unsa, «ovvero far estendere la proroga del pensionamento quanto meno agli altri magistrati con incarichi direttivi: be', se la vedessero con il ministro della Giustizia. Io non faccio la loro stampella». Oltretutto Battaglia non condivide l'attacco dell'Associazione magistrati al guardasigilli Orlando, offensiva che si è spinta fino alle minacce di sciopero. «Parliamoci chiaro: il ministro ha appena fissato un bando per assumere mille cancellieri. Non accadeva da tempo. E ora è impensabile ottenere qualcosa di più. Orlando le risposte le ha date», nota il sindacalista, «adesso il mio problema è che la riforma delle pensioni fa schifo. E le nostre sono messe un po' peggio rispetto a quelle dei giudici». I quali, aggiunge il segretario della Confsal, «dimenticano forse che i loro buoni pasto valgono 21 euro, i nostri solo 7». Non è plausibile la richiesta di fare fronte comune proprio sulle carenze di organico, è insomma il ragionamento di chi lavora nei tribunali. E il fatto che l'Anm sollevi la questione proprio ora appare, secondo Battaglia, «una presa in giro». Sulla questione le altre sigle inviano segnali più sfumati. Ma seppur in modo riservato fanno capire che l'interlocutore «è il ministro». Non i magistrati. Che sono dei superiori, non i datori di lavoro.