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C’è un detenuto, in attesa di giudizio, che ha la salute gravemente compromessa. Ha molte patologie e aveva chiesto i domiciliari in piena emergenza covid 19, vista l’incompatibilità con il carcere riconosciuta dai medici. Il gip del tribunale di Brescia, però, ha ritenuto che fosse compatibile e che il pericolo era evocato «solo in termini astratti». Il recluso, in attesa di giudizio, per protesta ha attuato lo sciopero della fame e sete e ora è in coma.
A portare alla luce questa grave situazione è l’Associazione Yairaiha Onlus che nella giornata di ieri ha segnalato il caso ai ministeri della Giustizia e della Salute, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al garante regionale dei detenuti della Sicilia e a quello nazionale. Parliamo di Carmelo Caminiti, detenuto in attesa di giudizio presso la casa circondariale di Messina ed attualmente in coma presso l'ospedale Papardo nel reparto di rianimazione. «Premesso che il sig. Carmelo Caminiti è stato arrestato dalla procura di Firenze a novembre 2017 – si legge nella segnalazione dell’associazione Yairaiha - a maggio 2018 gli vengono concessi gli arresti domiciliari per varie patologie ( tra cui diabete, stenosi, canali atrofizzati e altre) per le quali gli è già stata riconosciuta invalidità civile; a novembre del 2018 viene arrestato nuovamente dalla procura di Reggio Calabria. L' 11 marzo 2019 gli arriva un mandato di cattura dalla procura di Brescia con le stesse accuse di Firenze. Viene trasferito al carcere di Messina al centro clinico». Durante l'emergenza Covid 19 gli avvocati presentano istanza in quanto soggetto a rischio. I tribunali di Firenze e Reggio Calabria, vedendo la relazione medica del dirigente sanitario del carcere di Messina riconoscono l'incompatibilità carceraria, ma il gip di Brescia - pur riconoscendo le sue gravi patologie - rigetta l'istanza, non concede gli arresti essendo un “soggetto pericoloso” ai sensi dell'articolo 7.
Ma la situazione si aggrava. I legali fanno ulteriori istanze per la concessione dei domiciliari. Il 30 Maggio Caminiti inizia a fare lo sciopero della fame e sete perché si sente vittima di un sopruso. «I familiari erano molto preoccupati – scrive l’associazione Yairaiha Onlus -, in videochiamata lo vedevano sempre più debole e malconcio. Il 27 luglio la direzione del carcere avvisano i familiari che il sig. Carmelo è stato ricoverato al reparto detenuti dell'ospedale Papardo di Messina. Il primo agosto al colloquio viene portato in carrozzina con un secchiello in mano per il vomito e faceva fatica a stare seduto». I famigliari rifanno colloquio l' 8 agosto e le condizioni risultano sempre più gravi: lo hanno visto che non si reggeva nemmeno da seduto, non ci vedeva più, la testa accasciata sul tavolo e vomitava. «Da premettere – segnala sempre l’associazione che i familiari avevano fatto richiesta alla Direttrice, informando anche il garante regionale, di poter fare colloquio in camera anziché nella sala colloqui per evitare di farlo alzare dal letto, ovviamente con tutte le precauzioni del regime carcerario ma non hanno ricevuto nessuna risposta. Nei giorni a seguire chiamavano in ospedale per avere notizie ma nessuno dava informazioni dicendo che non era un loro diritto».
L’ 11 agosto i familiari si recano a colloquio ma quando arrivano al reparto detenuti, la polizia penitenziaria comunica loro che Caminiti durante notte era peggiorato: entra solo il figlio e lo trova privo di conoscenza e con l'ossigeno. Sono rimasti fuori dal reparto fino alle 22 di sera senza poterlo vedere. Al ritorno a casa (vivono a Reggio Calabria), verso le 23, arriva la telefonata dalla dottoressa della rianimazione: comunica che Carmelo è entrato in coma. L’avvocato ha presentato quindi un’altra istanza urgente, ricordando il rigetto delle istanze precedenti nonostante le documentate gravissime patologie che già presentava il detenuto. Ha ricordato come il Gup, motivando il mancato accoglimento dei domiciliari, scrisse che «il pericolo per la salute del detenuto in relazione all’emergenza sanitaria in atto è evocato solo in termini astratti». L’avvocato Italo Palmara del foro di Reggio Calabria, nell’istanza, ha anche fatto presente di aver conferito con la dottoressa, la quale ha definito la situazione «gravemente compromessa». Sono passati giorni e ancora non si conosce l’esito dell’istanza.
L’associazione Yairaiha Onlus, nella segnalazione alle autorità, riferisce le diverse domande poste dai familiari. «Perché – si legge - dal 30 maggio si è aspettato così tanto per portare il loro caro in ospedale? Perché gli agenti debbono entrare nel reparto privi degli adeguati dispositivi di protezione, ovvero con la sola mascherina e la divisa d'ordinanza anziché camici sterili? Si sottolinea che il sig. Carmelo è in coma, intubato e immobilizzato al letto, di quale pericolosità si parla a questo punto?».