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Gratteri
«Ne ho letto alcune parti e purtroppo mi trovo ancora una volta in disaccordo su molti punti. Alcune proposte sono dannose per il sistema giudiziario, altre sono quasi una offesa per noi magistrati e non porteranno alcun effetto positivo». Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri in un’intervista al Fatto Quotidiano. Alla manifestazione di Libera per le vittime delle mafie ha parlato di «riforme devastanti» della ministra Cartabia. «Si prevede un controllo "esterno" sul lavoro dei magistrati nelle valutazioni di professionalità, riconoscendo un diritto di voto ai "membri laici", cioè agli avvocati nei Consigli giudiziari (le filiali locali del Csm, ndr). Inaccettabile: non si vede perché a valutarci debba essere chi non fa parte della nostra categoria, infatti non accade per nessun’altra, inclusi gli avvocati; e soprattutto così si intacca l’autonomia e la terzietà del magistrato, visto che gli avvocati nei Consigli giudiziari dovrebbero giudicare magistrati che lavorano nel loro stesso distretto e coi quali si trovano quotidianamente a interloquire. Questa previsione che, chiarisco subito a scanso di equivoci, in termini concreti non mi riguarda, ha quasi l’odore della punizione», sottolinea. La riforma prevede che si possa passare solo due volte dalla funzione di pm a quella di giudice e viceversa. Un antipasto della separazione delle carriere prevista dal referendum di Lega e radicali? «Sono fermamente contrario. Ridurre i passaggi da una funzione all’altra non comporta alcun vantaggio - evidenzia Gratteri - né di efficienza né di produttività, ma soprattutto mortifica quello che "a parole" dovrebbe essere tra gli obiettivi del nuovo ordinamento giudiziario: di migliorare la qualità del nostro lavoro. Il passaggio di funzione andrebbe incentivato, non limitato, perché è un arricchimento professionale e consente al magistrato di sviluppare una visione globale del processo. È innegabile, ma pare che non interessi a nessuno». «Nella mia Procura vorrei dei pm che hanno fatto i giudici e che il nostro lavoro fosse valutato da giudici che hanno fatto i pm. Peraltro oggi, per cambiare funzione, il magistrato deve quantomeno cambiare provincia, e già questa è una forte limitazione». Cosa spera, in questo quadro per lei "devastante"? «Che la magistratura faccia sentire la sua voce unita e compatta e che riacquisti la credibilità che merita. Spero che il governo attivi una reale e costruttiva interlocuzione con noi magistrati. E spero che una volta per tutte si capisca che, se il sistema giustizia non funziona, i danneggiati non siamo noi magistrati, ma l’intera collettività», conclude.