Alla fine dell’incontro con l’avvocatura, i delegati del Fondo monetario internazionale hanno ascoltato una precisazione non del tutto scontata: «Il sistema giudiziario deve garantire efficienza, ma l’obiettivo va raggiunto non solo in ossequio alle necessità delle imprese ma anche alle aspettative di giustizia dei cittadini». Una variabile utile a far comprendere che i percorsi per potenziare la crescita, anche in un cammino accidentato come quello dell’Italia, hanno un limite insuperabile. Il Consiglio nazionale forense ha discusso di questo e delle altre riforme di sistema nell’incontro di venerdì con i rappresentanti dell’Fmi, la cui missione a Roma si è conclusa ieri. Da una parte i consiglieri Andrea Pasqualin e Vito Vannucci per l’organismo di rappresentanza istituzionale dell’avvocatura, dall’altra l’“unità di missione” della Fmi guidata da Josè Garrido. Gli inviati di Washington hanno ascoltato come sempre anche la voce del mondo forense, per mettere a punto il loro giudizio sullo stato di salute dell’Italia. Valutazione di cui ieri i tecnici del Fondo hanno proposto una sintesi in un incontro con la stampa. «La crescita del Paese potrebbe essere troppo debole per risolvere stabilmente le fragilità finanziarie», hanno spiegato. Le stime sul Pil sono state aggiornate a +1,1% nel 2016, che arriverà a «circa +1,25% nel 2017-18». Passi avanti talmente timidi che «un ritorno ai livelli pre-crisi potrà verificarsi solo verso la metà degli anni 2020». E ad appesantire la marcia dell’Italia rispetto a gran parte del resto d’Europa, secondo l’Fmi, è anche «l’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari».Aspetto che pesa soprattutto per gli istituti di credito. Ma proprio rispetto al decreto banche, il Cnf ha segnalato ai rappresentanti del fondo la necessità di «approfondimenti», soprattutto sul cosiddetto «patto marciano», anche riguardo «alle garanzie per il debitore e al raccordo con le procedure concorsuali». Non tutte le semplificazioni sono possibili senza correre il rischio di pregiudicare i diritti, ha ricordato l’avvocatura italiana. Che ha fatto notare l’importanza «dei sistemi alternativi alla giurisdizione affidati agli avvocati, per alleggerire il carico sui tribunali e recuperarne l’indispensabile efficienza». Sistemi per i quali il Consiglio forense ha rappresentato il proprio impegno a «promuovere i nuovi istituti anche attraverso i Consigli degli Ordini». Impegno che d’altronde «dovrà essere necessariamente accompagnato da un recupero di efficienza organizzativa all’interno degli uffici giudiziari e da investimenti di risorse adeguati».