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Come preannunciato, i prossimi mesi saranno molto caldi sul tema della giustizia: la spinosa partita sui decreti attuativi delle riforme del penale, civile e ordinamento giudiziario potrebbe creare non poche tensioni tra i partiti - di una maggioranza già in crisi - e la ministra Cartabia. I decreti sul penale dovrebbero essere portati in Cdm entro questo mese. Ora è tutto nella mani dell'Ufficio legislativo di Via Arenula che sta armonizzando i lavori delle commissioni ministeriali. Da questa fase sono esclusi i partiti che potranno dire la loro quando i testi arriveranno nelle Commissioni parlamentari per i pareri. Questi ultimi però non sono vincolanti e quindi alcune forze di maggioranza vogliono dire la loro alla ministra prima del Cdm. In primis il Movimento 5 Stelle che, nel documento inviato due giorni fa a Draghi, ha lanciato un chiaro messaggio al premier e alla guardasigilli: «Sono testi e proposte che vanno esaminati anzitempo e non possono arrivare in Consiglio dei ministri senza un adeguato confronto». «Sarebbe imbarazzante - aggiunge al Dubbio l'on. Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia - trovarci di fronte ad un testo chiuso sul quale ci si chieda di mettere la firma. Non può funzionare così. Ci sono questioni delicate che richiedono un confronto politico; penso, ad esempio, all’inedito ruolo del Parlamento coinvolto nella indicazione delle priorità da seguire nell’esercizio dell’azione penale: noi non avremmo voluto questa norma che, come abbiamo chiaramente detto, è un vulnus del principio costituzionale della separazione dei poteri, ma c’è e vorremmo dire la nostra sulla sua attuazione». Dunque in cauda venenum direbbero i latini: ai partiti non basta aver approvato lo scorso anno la legge delega perché è nella specificazione dei decreti attuativi che ognuno vorrà segnare le proprie linee Maginot nell'ultimo miglio. E sarà una bella gatta da pelare per Draghi e Cartabia in un momento già complicato. Anche Italia Viva, come ci spiega l'on. Lucia Annibali, auspica «un pieno coinvolgimento prima del passaggio in Cdm» soprattutto per vigilare sui temi «delle impugnazioni, del cambio del giudice durante il processo, come evidenziato criticamente dall'Ucpi, della giustizia riparativa soprattutto rispetto alla violenza maschile sulle donne. Infine nessun passo indietro sulle misure alternative al carcere, importanti anche per il loro impatto sul sovraffollamento carcerario». Mentre per il Partito democratico, come ci dice la responsabile Giustizia, la senatrice Anna Rossomando, «è fondamentale la partita dei tempi ragionevoli e certi dei processi, come attuazione dello Stato di Diritto, grazie anche ai riti alternativi da collegare alle misure alternative al carcere. Su questo misureremo la cultura delle garanzie di tutti. Altrettanto importante sarà la concretizzazione di percorsi di giustizia riparativa, che la stessa ministra Cartabia ha definito “il pilastro della giustizia di domani”. È ovvio che anche per mettere al sicuro questo ultimo miglio riteniamo necessario il coinvolgimento di tutti». Lettura critica del pamphlet dei 5 Stelle ce la dà il deputato della Lega Jacopo Morrone: «Quel documento mi sembra la foglia di fico con cui cercano di mascherare dissidi interni e per giustificare il tira e molla sulla permanenza o meno al governo. Una maggiore concertazione tra partiti e esponenti del governo non è in sé sbagliata, ma sembra strano che il capo grillino, che è stato premier in due governi, ne faccia una questione solo ora. Tra l’altro i partiti sono autorevolmente rappresentati nel governo, da ministri o sottosegretari e vice ministri, per cui ritengo che ci sia uno scambio di opinioni tra loro e la parte politica che rappresentano soprattutto sui temi più importanti. Per quanto riguarda la riforma della giustizia è noto che per la Lega si tratta di una legge di compromesso e che sarebbe indispensabile il recepimento di alcuni principi fondamentali per poter parlare di un vero rinnovamento del sistema. Visto che buona parte della riforma è delegata a successivi decreti legislativi del governo, sta a noi sorvegliare con attenzione che siano rispettate le indicazioni sollevate nell’ambito della discussione parlamentare». Nessun problema invece da parte di FI, come ci rassicura l'on. Pierantonio Zanettin: «per noi il percorso resta quello ordinario: faremo le valutazioni in commissione. Abbiamo fiducia nella Ministra e nel sottosegretario Sisto, così come nell'impianto garantista dato alla legge delega»Pure l'Anm è un attore primario in questa partita e non sembra godere di una via privilegiata per proporre le proprie istanze alla ministra tramite i fuori-ruolo del Legislativo. Come ci ha spiegato infatti il presidente Giuseppe Santalucia «riguardo la fase di attuazione delle deleghe delle riforme del penale e del civile non siamo stati coinvolti in nessun modo. Siamo spettatori al pari di chiunque altro. Certo, quando si fanno queste importanti riforme la maggiore ampiezza possibile della consultazione è una regola di buon metodo: sarà il Governo a decidere ma noi speriamo di essere consultati. Sicuramente quando i decreti arriveranno nelle commissioni parlamentari per le consultazioni chiederemo di essere auditi». Il successivo step sarà quello di vigilare sui decreti della riforma dell'ordinamento giudiziario: «sarà necessario innanzitutto uno sforzo di specificazione sul tema del disciplinare e sul fascicolo delle valutazioni di professionalità» conclude Santalucia. Chiederà «di essere audita» anche l'Unione delle Camere Penali, come ci spiega il segretario Eriberto Rosso: «intanto noi abbiamo dato dei segnali precisi. Il primo attraverso le sensibilità espresse dall'avvocatura penalista nelle commissioni ministeriali e il secondo con l'astensione recente proclamata in difesa del principio di immutabilità del giudice. Ci auguriamo che la Ministra terrà conto di questo, prestando massima attenzione al lavoro di armonizzazione dell'Ufficio legislativo».