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«Non ci siamo fermati. Mai. Neppure in questo mese di agosto, al di là della riduzione di attività prevista dalla sospensione feriale. La Procura di Bari ha portato avanti senza esitazioni il lavoro costruito nei mesi scorsi. Vogliamo continuare a farlo, e per questo chiediamo al Comune di valutare una nostra richiesta: prorogare i termini e rinviare lo sgombero del Palazzo di giustizia di via Nazariantz». Il Procuratore di Bari Giuseppe Volpe è un magistrato che cammina sul filo. Da quasi 3 mesi continua a dirigere un ufficio minacciato dall’incubo della diaspora fisica, e comunque costretto a subire prima la ferita delle udienze in tenda e poi quella dei processi sospesi per decreto. Adesso deve fare i conti con la minaccia più pesante, posta dal termine fissato al 31 agosto per lo sgombero del Palagiustizia dichiarato inagibile: «Nell’edificio che ci è stato messo a disposizione, in via Brigata Regina, saremmo costretti a interrompere gran parte delle attività», spiega.
E per questo lei ha inoltrato una richiesta affinché sia consentito di continuare a utilizzare il vecchio Palagiustizia, dichiarato inagibile a fine maggio.
Ho rivolto tale richiesta all’Inail, ente che è proprietario dell’immobile, in modo che interpelli il Comune, a cui compete la responsabilità. È un’ipotesi sostenuta dalla recente nuova perizia, effettuata nell’ambito di un’indagine penale ma messa a mia disposizione per le competenze amministrative: vi si rileva come il rischio si sia molto ridotto, in virtù del trasferimento di 300 armadi, per una cinquantina di tonnellate, spostati al piano meno uno, cioè al livello delle fondamenta. Ora quel peso non grava più sulla statica del palazzo, e sarebbe possibile evidentemente continuare a svolgere in questo edificio le attivi- tà dei magistrati e delle loro segreterie, in tutto cento persone. A via Brigata Regina andrebbero solo le segreterie centralizzate.
Ipotesi da considerare a maggior ragione adesso che il ministero ha annullato l’aggiudicazione della gara per il nuovo edificio in cui trasferire tutto.
Esatto. I tempi inevitabilmente si allungheranno. Ecco perché auspico che il Comune possa valutare positivamente la mia richiesta, anche dopo aver sentito il Capo di gabinetto del ministero della Giustizia. C’è in effetti lo sdoppiamento un po’ paradossale tra il Comune a cui spetta decidere e via Arenula che è invece l’amministrazione direttamente interessata alla funzionalità del nostro ufficio. D’altronde il ministro non ha ritenuto di accogliere il suggerimento, propostogli sia da noi dirigenti degli uffici che dall’Anm e dagli avvocati, di avvalersi della decretazione d’urgenza per assumere poteri straordinari. Così i tempi restano più lunghi e noi ci troviamo intrappolati nell’emergenza.
Come si fa in condizioni simili ad andare a fondo in indagini anche di grandissime dimensioni, come quella che a giugno ha portato all’arresto di 104 presunti affilati ai clan baresi?
Guardi, basta dare seguito al lavoro già svolto in precedenza, non lasciarlo andare in malora e trarne invece le conclusioni. Su Bari come su Foggia, contesto per il quale auspichiamo di raccogliere a breve altri frutti.
Non può dire evidentemente rispetto a quale inchiresta.
Ma posso dire che tra la nostra Procura e la Procura di Foggia è istituito un protocollo per cui quell’ufficio informa costantemente il nostro sugli elementi emersi rispetto a preesistenti e nuovi filoni di indagine, e noi diamo riscontro con altrettanta immediatezza.
Non c’è dunque alcuna necessità di dislocare temporaneamente a Foggia suoi sostituti, come ipotizzato da aluni esponenti dell’opposizione in Parlamento.
Forse si dimentica che oggi gli inquirenti lavorano con i computer, non con la presenza fisica sul suolo. A volte si guarda alla giustizia da una prospettiva un po’ superata.
Se però foste costretti a lasciare il palazzo di via Nazariantz la settimana prossima, portare avanti il lavoro già svolto diventerebbe impossibile.
Qui lo spazio c’è, il tipo di rischio individuato con la perizia di maggio è scongiurato. Qui possiamo raccogliere nuovi importanti risultati a breve termine. E sulla necessità di non strozzare l’attività della Procura di Bari abbiamo il pieno sostegno degli avvocati, che sono in sintonia con noi. Siamo noi d’altronde il motore del loro lavoro e, se ci fermiamo, loro restano a secco.
Ma se Bari è oggi in questa emergenza è anche perché ne è stato sottovalutato il peso come sede giudiziaria?
Non c’è dubbio che tale sottovalutazione ci sia stata. È in buona parte responsabilità della politica, ma anche di una parte della magistratura che non ha saputo prospettare la situazione nei termini effettivamente drammatici in cui andava prospettata. Non si è andati al di là dei proclami e di qualche piagnisteo, laddove si sarebbe dovuto agire.
Si riferisce alle rappresentanze della magistratura o al suo autogoverno?
Mi riferisco alle sue istituzioni, nazionali e locali, a cui a volte è venuta a mancare la sensibilità per la questione, che invece doveva essere condivisa.
E gli avvocati? A suo giudizio hanno saputo farsi parte diligente in questa prova? E sono legittime le aspirazioni ad un più forte riconoscimento anche costituzionale del loro ruolo?
Certo che sì. Non è un caso che tra i vertici degli uffici giudiziari di Bari, compresa questa Procura, l’Anm, il Consiglio dell’Ordine degli avvocati e la Camera penale, si sia registrata una perfetta sintonia fin dall’inizio di questa drammatica situazione.