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GENNARO DE FAZIO UIL POLIZIA PENITENZIARIA
«È una carneficina! Servono subito misure deflattive!». Questo grido d’allarme non arriva dalle associazioni per i diritti umani o dai movimenti politici come i Radicali, ma da Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UilPa Polizia penitenziaria, dopo l’ennesima tragedia consumatasi dietro le sbarre.
Un detenuto di origine straniera si è tolto la vita impiccandosi nelle prime ore di ieri mattina nella sua cella della Casa Circondariale di Cagliari- Uta. Nonostante i tempestivi interventi della Polizia penitenziaria e dei sanitari, non è stato possibile salvarlo. Si tratta del secondo suicidio dall’inizio dell’anno nel carcere del capoluogo sardo, mentre il bilancio nazionale parla già di otto detenuti che si sono tolti la vita in meno di tre settimane, a cui si aggiunge il suicidio di un operatore penitenziario in servizio presso la Casa circondariale di Paola, in Calabria. Nove morti in venti giorni. Una cifra agghiacciante che il sindacalista non esita a definire “una vera e propria carneficina”.
«La scia di morte nelle carceri prosegue senza soluzione di continuità, al ritmo di quasi un suicidio ogni due giorni in questo 2025 che è cominciato persino peggio di come si è concluso il tragico 2024», denuncia De Fazio. «Le condizioni di sovraffollamento e la mancanza di risorse sono ormai insostenibili: 16mila detenuti oltre la capienza regolamentare, 18mila unità mancanti nella Polizia penitenziaria, assistenza sanitaria carente, strutture fatiscenti, insufficienze logistiche e organizzative. A fronte di una situazione tanto drammatica, servirebbero interventi immediati e concreti, ma l’azione del governo appare del tutto inadeguata. Di certo, la nomina di un commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria non è la risposta che serve».
Il Segretario generale della UilPa Polizia penitenziaria torna quindi a chiedere con forza misure deflattive della popolazione carceraria, il potenziamento degli organici del personale (su Il Dubbio la scorsa settimana abbiamo parlato del documento di Nessuno Tocchi Caino in tal senso), il miglioramento dell’assistenza sanitaria e l’avvio di una riforma complessiva del sistema penitenziario. «Non possiamo permettere che il carcere si trasformi in una fabbrica di morte», conclude.
Quindi non ci siamo lasciati alle spalle l’emergenza suicidi, tanto che l’anno 2024 appena concluso sarà ricordato come quello che ha superato ogni record con 89 detenuti che sono tolti la vita. No.
Secondo l’ultimo aggiornamento del Garante nazionale delle persone private della libertà, il numero di questo anno appena iniziata, si tratta di un dato elevato rispetto allo stesso periodo di gennaio 2024, 2023 e 2022 in cui si registrarono un numero inferiore di suicidi. La gravità della situazione è chiara. Ma, come riportato già da Il Dubbio, il governo ha espresso l’intenzione di non intervenire, se non puntare all’edilizia penitenziaria. Puntualmente fallimentare.
Ci viene in aiuto il report di fine anno redatto dall’associazione Antigone. Sostanzialmente gli spazi detentivi ufficialmente disponibili sono sempre gli stessi: erano 50.228 della fine del 2016, sono 51.320 al 16 dicembre 2024. Circa 1.000 in più, ma intanto i detenuti sono circa 8.000 in più di allora. Da quando poi è entrato in carica questo governo, la capienza è ulteriormente diminuita. Non tanto quella ufficiale, che è rimasta sostanzialmente invariata, quanto quella effettiva, perché vanno sottratti i posti detentivi non disponibili. Questi a luglio del 2022 erano 3.665. Oggi sono, come detto sopra, 4.462. L’incuria, il sovraffollamento e gli incidenti che si registrano in continuazione rendono gli spazi sempre più invivibili, come abbiamo avuto modo di osservare anche durante molte delle nostre visite.
Nelle 87 carceri visitate dall’Osservatorio di Antigone negli ultimi 12 mesi in 28 istituti, il 32%, c’erano celle in cui non erano garantiti 3 mq calpestabili per ogni persona detenuta. Non a caso il numero di ricorsi da parte di persone che lamentavano di essere state detenute in condizioni che violano l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e che vengono accolti dai tribunali di Sorveglianza italiani, è in costante aumento dalla fine della pandemia.
Sono stati 3.382 nel 2020, 4.212 nel 2021 e 4.514 nel 2022, 4.731 nel 2023. Ma se da una parte c’è il sovraffollamento che inevitabilmente incide negli eventi critici, osservando le vicende singole dei detenuti che si sono tolti la vita, molti sono coloro con disagio psichico e con passati di tossicodipendenza. Sono numeri che raccontano enorme sofferenza e marginalità.