"Se la cultura generale è quella della convenienza di parte e dell'opportunismo, è ovvio che ne siano contagiati anche dei magistrati. Anche per loro, però, come per qualsiasi altra categoria, non farei di ogni erba un fascio". Ad affermarlo in un'intervista al quotidiano Libero è l'ex pm di Milano Gherardo Colombo che poi, sulle istituzioni in generale, spiega: "Se perdono credibilità, contribuiscono a indebolire il senso della collettività, con grave danno per tutto il Paese".
Il caso Palamara:
Quanto al caos della giustizia e alla delegittimazione di molti vertici della magistratura, osserva: "Le cose camminano lente e ho la sensazione che per poter vedere con chiarezza debba passare ancora tempo". In Italia, sottolinea ancora Colombo siamo di fronte a "un periodo di grande cambiamento ed enorme confusione. Tanti punti di riferimento contrastano tra loro ed è difficile orientarsi. Mi pare diffuso un moralismo esasperato, che mette sullo stesso piano situazioni molto serie ed episodi banali. Nelle stesse persone coincidono intransigenza verso il prossimo, o il rivale, e indulgenza verso se stessi". E "una contraddizione alla quale ormai non ci si preoccupa più neppure di trovare una giustificazione ideologica. Mi ricorda Mani Pulite, quando tanti italiani indignati chiedevano il rigoroso rispetto delle regole da parte altrui, ma ritenendosi liberi di violarle a piacimento", conclude.
Il carcere è solo vendetta
E sulle carceri Colombo conferma la sua posizione: "Non credo più che la prigione sia educativa, mi sono accorto che generalmente non serve alla sicurezza dei cittadini, e vedo che raramente rispetta le persone che ci vivono. A chi è pericoloso va impedito di poter agire a danno degli altri, ma gli vanno comunque garantiti i diritti previsti dalla Costituzione". "Se il carcere - aggiunge - garantisse spazio vitale, igiene, salute, istruzione, attività fisica e rapporti affettivi, come in altri Paesi, sarebbe meno difficile riguadagnare il trasgressore a rapporti armoniosi con la società. Ma, se guardiamo al carcere in Italia, vediamo che costituisce, salvo rare eccezioni, solo vendetta: imbarbarisce, e crea rancore, e cioè disponibilità a commettere di nuovo reati"