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Sbloccare quanto prima 4,5 milioni di euro per accogliere i genitori detenuti con bambini in case famiglia protette e in case alloggio. È la richiesta avanzata, con una nota, dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, al ministero della Giustizia e al ministero dell’Economia, che avrebbero dovuto adottare un decreto entro due mesi dall’entrata in vigore della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021) per poter utilizzare a tale scopo 1,5 milioni di euro per ogni annualità fino al 2023. «Ad oggi il provvedimento, necessario a finanziare la predisposizione di case famiglia protette, non risulta ancora approvato», evidenzia Carla Garlatti. «Occorre procedere alla sua adozione quanto prima, per evitare l’ingresso in strutture penitenziarie a bambini piccoli, che hanno diritto a non essere vittime dello stato di detenzione dei loro genitori», osserva ancora l’autorità garante per l’infanzia. Dai dati del ministero della Giustizia aggiornati al 31 maggio scorso risultano presenti nelle strutture detentive italiane 17 detenute madri, con un totale di 20 figli minorenni al seguito. Si tratta di bambini e ragazzi che vivono in istituti di detenzione di Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia e Veneto. «È un dato comunque preoccupante. Gli istituti penitenziari, seppure a custodia attenuata per detenute madri come gli Icam, non sono luoghi per bambini e non sono idonei ad assicurare un equilibrato sviluppo psicofisico. Si tratta, a volte, di bambini piccolissimi e, quindi, in condizione di estrema vulnerabilità», sottolinea la Garante per l’infanzia e adolescenza Carla Garlatti. Ricordiamo che è stato Paolo Siani, pediatra e capogruppo del Pd in commissione Infanzia, il primo firmatario dell’emendamento alla Legge di Bilancio per la creazione di un Fondo per l’accoglienza delle madri detenute con i propri figli, al di fuori delle strutture carcerarie. Nell’articolo che istituisce il fondo si legge: «Le case famiglia protette sono state previste dall’art. 4 della legge n. 62 del 2011 (legge che ha dettato disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori), quali luoghi nei quali consentire a donne incinta o madri di prole di età non superiore a 6 anni, di scontare la pena degli arresti domiciliari (artt. 47-ter e 47-quinquies dell’ordinamento penitenziario) o la misura cautelare degli arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.) o della custodia cautelare in istituto a custodia attenuata (art. 285-bis c.p.p.). Attualmente, solo poche regioni sono dotate di strutture idonee a consentire l’applicazione di queste misure, con la conseguenza che detenute, con figli anche molto piccoli, restano in carcere. Entro due mesi dall’entrata in vigore della legge di bilancio, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e sentita la Conferenza Unificata, provvede al riparto delle risorse tra le regioni (comma 2)”.Ed è sempre il parlamentare Siani a proporre la legge, ancora in esame di approvazione, che propone modifiche alla legge 62/2011 per superare talune criticità senza modificare l’impianto essenziale della legge e perseguendo lo spirito di quella riforma. Parliamo di quella riforma che ha istituito gli Icam, gli Istituti a custodia attenuata per detenute madri e le Case famiglia protette. Strutture che hanno come finalità quella di evitare ai bambini il trauma della vita in carcere accanto alle loro madri.La proposta di legge mira a valorizzare l’esperienza delle Case famiglia, considerate la vera soluzione al problema dei bambini in carcere. La legge 62/2011 ha istituito le Case famiglia protette ma senza oneri per lo Stato. Oggi quelle attive in Italia sono solo due: una a Roma e una a Milano. La proposta di legge in via di approvazione, invece, prevede un obbligo per lo Stato a finanziarle.