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Depositate mercoledì scorso le motivazioni della sentenza con cui la Consulta ha "promosso" il blocco della prescrizione durante il lockdown
«Noi abbiamo deciso di essere persone oneste, che perseguono il bene e che si comportano nella piena legalità. Voler emettere in evidenza quella che è la biografia di nostro padre, è stato squallido e non ha nulla a che fare con il contesto di riferimento». Così, a Il Dubbio, le avvocate Francesca e Giovanna Araniti spiegano con forza il motivo per cui si sono sentite colpite e denigrate per un articolo de Il Fatto on line. Giovanna Araniti difende davanti alla Consulta l’ergastolano ostativo Francesco Pezzino Cosa è accaduto? L’altro ieri c’è stata l’udienza alla Consulta sulla preclusione della liberazione condizionale a chi non collabora con la giustizia. Ad assistere l’ergastolano ostativo Francesco Pezzino, il caso di cui la Cassazione ha sollevato l’illegittimità costituzionale, è l’avvocata Giovanna Araniti: il Fatto ha voluto sottolineare che lei è figlia di un boss della ‘ndrangheta che sta scontando un ergastolo. Eppure non si capisce il nesso per svariati motivi, a partire dal fatto che la colpa dei padri non può ricadere sui figli. Ed essere figli di boss, non equivale ad essere destinati al pubblico ludibrio. «Quello che ci ha dato fastidio è aver inserito la biografia di nostro padre in un contesto che non c’entrava assolutamente nulla. Se uno va da un medico per curarsi o da un architetto per fare una casa, certamente nessuno va a chiedergli chi è suo padre. La responsabilità penale dovrebbe essere personale. Ma evidentemente per alcuni giornali così non è». Giovanna Araniti svolge la professione da più di 25 anni Eppure è interessante la biografia di Giovanna Araniti. È lei che, davanti alla consulta, con passione ha motivato l’illegittimità costituzionale della preclusione assoluta della liberazione condizionale nei confronti del suo assistito. Una donna che si è laureata all’università di Messina in brevissimo tempo. Infatti svolge la sua professione da più di 25 anni, pur avendo 48 anni. Sarebbe stato più utile, forse, soffermarsi su chi è l’avvocato, non su chi è il padre. «Un articolo denigratorio – spiegano le avvocate Araniti -, perché i clienti possono anche pensarci bene prima di fare la nomina ad un avvocato preso di mira del tutto gratuitamente da un giornalista». Articoli così, in effetti, non fanno altro che aumentare il pregiudizio che si ha nei confronti delle persone che purtroppo nascono in contesti difficili, nonostante con le sole loro forze siano riuscite ad intraprendere nobili professioni. «Nessuno di noi decide dove nasce, però ciascuno di noi decide chi essere. E noi abbiamo deciso di essere persone oneste», chiosano le avvocate.