PHOTO
«Il Tribunale di sorveglianza di Milano ha già tutti gli elementi per decidere, senza dover attendere il giudizio della Corte costituzionale». È la tesi dei legali di Roberto Formigoni, gli avvocati Mario Brusa e Luigi Stortoni, che questa settimana hanno chiesto al collegio milanese la concessione della detenzione domiciliare per l’ex presidente della Regione Lombardia.
Formigoni è detenuto dal 22 febbraio nel carcere di Bollate, alle porte di Milano, dove sta scontando la pena di 5 anni e 10 mesi per corruzione nel processo sulle fondazioni Maugeri e San Raffaele. Secondo i giudici, il Pirellone aveva modificato la legge no profit e riconosciuto fondi per le funzioni non tariffabili, per favorire la Maugeri e il San Raffaele con rimborsi pubblici.
In cambio a Formigoni sarebbero state concesse varie utilità, come viaggi in posti esotici o soggiorni in alberghi di lusso. L’ex presidente è stato l’unico condannato. I dirigenti che hanno redatto le delibere, frutto degli asseriti accordi corruttivi, erano stati assolti già in primo grado. Mai indagati, poi, i consiglieri regionali e i componenti della giunta che votato negli anni i vari provvedimenti prezzo della corruzione. La concessione dei domiciliari, pur essendo Formigoni ultra settantenne, era stata negata in quanto il decreto “spazzacorrotti”, entrato in vigore a gennaio, ha equiparato i reati contro la Pubblica amministrazione ai reati di mafia e terrorismo, non permettendo l’accesso ai benefici penitenziari, come appunto le misure alternative al carcere.
I giudici, nel caso di Formigoni, avevano applicato le nuove disposizioni in maniera retroattiva. Secondo i magistrati, le norme sull’esecuzione della pena introdotte dallo spazzacorrotti riguardano il diritto processuale e non il diritto sostanziale. «La legge impone al giudice ordinario di dare una interpretazione della norma consona alla Costituzione», hanno ricordato gli avvocati di Formigoni, precisando che «il giudice deve stabilire se la norma è retroattiva o meno» . Il tema è oggetto di discussione in questi mesi. Vi sono infatti già tre ordinanze da parte di giudici di Como, Pordenone e Reggio Calabria che hanno optato per la non irretroattività della norma. Altri giudici hanno, invece, deciso di rivolgersi alla Consulta.
«La Corte costituzionale - aggiungono i legali di Formigoni- ha in diverse sentenze, già dal 1997, affermato che se l’interpretazione è dubbia, come nel caso dello spazzacorrotti, l’eccezione di incostituzionalità è inammissibile, trattandosi di una questione di stretta interpretazione della norma». «Non essendoci una giurisprudenza univoca il giudice ha il dovere si decidere con una lettura costituzionalmente orientata», hanno poi concluso Stortoni e Brusa. Se il Tribunale di sorveglianza, presieduto da Giovanna Di Rosa e del quale fa parte il giudice Gaetano La Rocca che, prima di questo incarico, era presidente del collegio che ha condannato Formigoni, accoglierà la tesi dei suoi legali, l’ex governatore della Lombardia lascerà il carcere di Bollate.
Formigoni ha anche chiesto di essere autorizzato a fare volontariato in un convento di suore per il resto della pena, che scadrà a metà del 2023. E il Pg ha già dato parere favorevole. Entro lunedì la decisione.