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Il Collegio del Tribunale civile di Ancona, ordina ora all’azienda sanitaria unica regionale delle Marche di provvedere, previa acquisizione del relativo parere del Comitato etico territorialmente competente, ad accertare: se il reclamante Mario sia persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili; se lo stesso sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; se le modalità, la metodica e il farmaco (Tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi) prescelti siano idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile (rispetto all’alternativa del rifiuto delle cure con sedazione profonda continuativa, e ad ogni altra soluzione in concreto praticabile, compresa la somministrazione di un farmaco diverso. I Giudici confermano quindi che il paziente, assistito dai legali dell’Associazione Luca Coscioni ha il diritto di pretendere che si effettuino gli accertamenti disposti dalla Consulta con sentenza 242/19, affinché l’aiuto che gli sarà fornito non sia reato ai sensi dell’articolo 580 del codice penale relativo al suicidio assistito. A ottobre scorso, al paziente fu comunicato il diniego senza attivare le procedure previste dalla sentenza Cappato della Corte costituzionale, in base alla quale, per dar corso alle richiesta della persona interessata, occorre verificarne le 4 condizioni: persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli da parte di una struttura pubblica del Servizio Sanitario Nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente. La Asl ha negato anche l’attivazione delle procedure di verifica. Così Mario decide di presentare un ricorso di urgenza al Tribunale di Ancona, affinché venga ordinato all’ASL la verifica delle sue condizioni. Il 26 marzo 2021, il giudice del Tribunale aveva confermato il diniego della struttura pubblica motivando che «il Tribunale, pur riconoscendo che il paziente ha i requisiti che sono stati previsti dalla Corte Costituzionale nella sentenza 242/19 sul cosiddetto Caso Cappato/Dj Fabo, afferma che «non sussistono motivi per ritenere che, individuando le ipotesi in cui l’aiuto al suicidio può oggi ritenersi lecito, la Corte abbia fondato anche il diritto del paziente, ove ricorrano tali ipotesi, ad ottenere la collaborazione dei sanitari nell’attuare la sua decisione di porre fine alla propria esistenza; né può ritenersi che il riconoscimento dell’ invocato diritto sia diretta conseguenza dell’individuazione della nuova ipotesi di non punibilità, tenuto conto della natura polifunzionale delle scriminanti non sempre strumentali all’esercizio di un diritto». A seguito del reclamo all’Ordinanza di diniego, ne viene depositata una nuova dai magistrati del Collegio del Tribunale di Ancona dopo la discussione dell’udienza del 28 maggio in Camera di Consiglio. Dopo 10 mesi, Mario sarà finalmente sottoposto alla verifica delle sue condizioni che rendono non punibile l’aiuto al suicidio.