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Riccardo De Vito e Mariarosaria Guglielmi insistono su un punto: «Il giudice deve conoscere la realtà, non solo le norme». Presidente e segretaria generale di Magistratura democratica ne fanno il presupposto del congresso che il gruppo associativo celebra la prossima settimana a Roma, e che è intitolato “Il giudice nell’Europa dei populismi”. Ci sarà un prologo nell’agro pontino giovedì 28 e poi tre giorni di assise tematiche da venerdì a domenica, al centro “Roma eventi- Fontana di Trevi”. Si parte da un allarme: «In questa Europa i diritti e le garanzie non vengono più presi sul serio», come dice De Vito, «in particolare quando si tratta dei diritti degli ultimi: tale sgretolamento avviene secondo procedure formalmente democratiche, in cui però la democrazia stessa è svuotata di contenuto».
Si tratta di una denuncia forte, politica e culturale. La storica corrente progressista delle toghe proporrà quest’analisi a partire dalla relazione di Guglielmi, prevista per venerdì mattina, e attraverso il confronto con diversi interlocutori, a cominciare dall’Unione Camere penali, nelle diverse sessioni. Non si tratta solo di ribadire le critiche alle decisioni del governo italiano sui migranti, perché la questione non è solo italiana ma, ricorda la segretaria generale di Md, «vede Paesi come Polonia e Ungheria segnati da uno svuotamento della democrazia nel più insidioso dei modi: con la compressione del potere giudiziario da parte dell’esecutivo». La sfida culturale di Md ha anche un suo intenso connotato sentimentale: basti pensare alla scelta di introdurre le sessioni della tre giorni con i video di tre canzoni di De Andrè, evocative «sia di una concezione solo repressiva del lavoro del giudice sia dell’attenzione agli ultimi: “Smisurata preghiera”, “Khorakhané” e “Il pescatore”». A spiegarlo è Rocco Maruotti, altro componente dell’esecutivo di Md presente alla conferenza stampa di ieri. Ma l’iniziativa della magistratura progressista ha un valore politico generale evidente. Che non è banalmente quello di schierare le toghe contro l’attuale governo o in particolare contro il vicepremier Salvini – seppure De Vito, interpellato sul voto della giunta di Palazzo Madama sulla Diciotti, si dica preoccupato per «la possibilità di un atto politico svincolato da controlli». Magistratura democratica non può essere qualificata come il tentativo di tradurre l’associazionismo giudiziario in opposizione politica impropria, piuttosto come la risposta un vuoto politico- intellettuale. All’assenza cioè di una sinistra dei diritti visibile, al diradarsi delle élite progressiste dall’impegno pubblico.
Un orientamento che si chiarisce per esempio con l’iniziativa a Borgo Hermada, preambolo del congresso fissato per giovedì pomeriggio, quando «una delegazione di magistrati incontrerà la comunità Sikh che nella località pontina è sottoposta a forme di autentico schiavismo, secondo i metodi tipici del caporalato», spiega Marco Omizzolo, giornalista e sociologo che affianca le toghe in conferenza stampa. Una forma di vicinanza agli ultimi da ricondurre alla logica enunciata dal presidente De Vito: «I magistrati devono conoscere la realtà in cui si trovano a operare, oltre che le norme». Perché altrimenti «si resta insidiati da due tentazioni». La prima è quella di «rifugiarsi nel formalismo senza pretendere di controllare la volontà del sovrano alla luce della Costituzione», “pretesa”, o meglio missione che è viceversa la cifra culturale storicamente radicata nella corrente “di sinistra”. L’altra tentazione è «la ricerca del consenso». Certo, spiega la segretaria Guglielmi, «noi magistrati dobbiamo essere consapevoli dei limiti della nostra funzione, ma dobbiamo allo stesso tempo essere consapevoli del mondo esterno, anzi calati in esso. Altrimenti rischiamo di restare rinchiusi nella cittadella della separatezza» . Forse le toghe progressiste che nel prossimo fine settimana si riuniranno a Roma intravedono una simile digressione in altre componenti della magistratura. Non certo nell’attuale guida dell’Anm, di cui apprezzano la «scelta di proporre soluzioni per il processo insieme con l’Unione Camere penali». Il presidente dei penalisti Gian Domenico Caiazza sarà fra i relatori della tavola rotonda di sabato mattina su “Regole sotto attacco, Stato di diritto e pulsioni demagogiche”. «Non si può semplificare il dibattito sulle garanzie che», ricorda Guglielmi, «sono valori centrali della giurisdizione in quanto ne rappresentano la fonte di legittimazione».
L’appello è dunque a «prendere sul serio i diritti» come fa Medel, la rete della magistratura progressista europea a cui Md aderisce e che venerdì pomeriggio interverrà con il proprio presidente Filipe Marques. Si tratta della sessione dedicata alle «Politiche sull’immigrazione», che coinvolgerà tra gli altri Laura Boldrini e Luigi Ferrajoli. Un impegno che vede Magistratura democratica lanciare l’allarme in sintonia con la Fnsi, il sindacato dei giornalisti che ieri ha ospitato la conferenza stampa nella propria sede. E non a caso il segretario Raffaele Lorusso ha ricordato ai magistrati che «noi e voi siamo sempre i primi a finire nel mirino quando, come avvenuto in Turchia, il percorso della democrazia su interrompe».