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Giovanni Salvi procuratore generale della Cassazione
Si respira un’aria ancora pesante nella magistratura italiana. In particolare attorno al Csm. E dal plenum di piazza Indipendenza si passa ancora una volta alle carte bollate, con tanto di denuncia nei confronti del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi. L’esposto è stato presentato dal già sostituto pg presso la Suprema corte Rosario Russo, commentatore del Dubbio, relativamente alla vicenda amministrativa che coinvolge il giudice del Tribunale di Crotone Massimo Forciniti, componente del Csm nel periodo in cui vi era anche Luca Palamara. Nel plenum del 13 aprile scorso, i consiglieri erano chiamati a votare la richiesta d’archiviazione del trasferimento per incompatibilità ambientale e/o funzionale nei confronti dell’attuale presidente della sezione penale di Crotone - il cui mandato è in scadenza - presente nelle famose chat di Palamara, col quale aveva condiviso nomine e dispute associative. Cosa lamenta Russo? Che il pg Salvi non abbia esercitato, nei modi e nei tempi previsti dalle norme, l’azione disciplinare contro Forciniti, all’epoca appartenente ad Unicost. In realtà, la questione era stata già sollevata in plenum dai consiglieri Fulvio Gigliotti, Nino Di Matteo, Ilaria Pepe, Stefano Cavanna, Filippo Donati, Mario Suriano e Alessandra Dal Moro. Proprio Gigliotti (eletto in quota M5S) si doleva del mancato esercizio dell’azione disciplinare rispetto a «fatti di una gravità inaudita», che avrebbero fatto venir meno, per Forciniti, il requisito dell’indipendenza. Nella memoria difensiva presentata in prima commissione, il giudice si era difeso sostenendo che le chat con Palamara erano «ragionamenti tra due ex consiglieri militanti nello stesso gruppo associativo» e «ispirati a finalità di massima funzionalità degli uffici e nell’interesse della giurisdizione nel suo complesso». La pratica, tuttavia, è ritornata in prima commissione (9 voti contrari all’archiviazione, 8 favorevoli e 6 astenuti), tra lo stupore di Nino Di Matteo, a cui non andava giù il fatto che chi di dovere non avesse aperto un procedimento disciplinare nell’ambito di «evidenti, reiterati e indebiti tentativi di condizionamento dell’attività di due Consigli superiori», sia quello in cui Forciniti rappresentava la componente togata che nel successivo, nel periodo in cui era tornato a ricoprire l’incarico di presidente della sezione penale del Tribunale di Crotone. L’unico fascicolo disciplinare aperto dalla Procura generale della Cassazione era stato quello relativo alla presentazione di un emendamento parlamentare che avrebbe consentito ai componenti uscenti del Csm di assumere da subito incarichi direttivi o semi-direttivi. Se vi siano gli elementi per aprire un’indagine sull’ipotesi di rifiuto d’atti d’ufficio non possiamo di certo saperlo, ma eventualmente la procura competente sarebbe quella di Roma e non Perugia, come stabilito dalla Cassazione in una sentenza del 2018.