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Con un ritardo di quasi 5 mesi, è uscito il 28 luglio il decreto interministeriale ( datato però 17 maggio) con le regole per l’esonero contributivo degli avvocati, così come di tutti i professionisti con casse previdenziali, e dei lavoratori autonomi iscritti alle gestioni dell’Inps, come previsto dal comma 20, dell’art. 1, della legge 178/ 2020 ( legge di bilancio per il 2021), integrato poi dall’art. 3 del D. L. 41/ 2021 ( decreto legge Sostegni).
Infatti, questo decreto dei ministeri del Lavoro e dell’Economia era previsto per il 1° marzo, e doveva fornire indicazioni ulteriori rispetto ai criteri di individuazione dei beneficiari, che sono coloro che rispettano entrambe le condizioni: a) aver percepito nel periodo d'imposta 2019 un reddito complessivo di lavoro non superiore a 50.000 euro; b) aver subito un calo del fatturato nell'anno 2020 non inferiore al 33% rispetto a quello del 2019. Per questa operazione sono stati stanziati 2,5 miliardi di euro, che dovrebbero interessare, secondo i conteggi riportati nella relazione tecnica al D. L. 41/ 2021, circa 330.000 professionisti, e quasi mezzo milione di lavoratori autonomi.
La prima disposizione importante del decreto interministeriale riguarda la definizione dell’importo massimo dell’esonero, che è 3.000 euro ( art. 1). Tale valore era stato in verità anticipato dalla relazione tecnica del D. L. 41/ 2021. Si specifica poi che per i professionisti il reddito va individuato secondo il principio di cassa, come differenza tra i ricavi e i costi inerenti l’attività, e che motivo di esclusione per l’esonero contributivo è essere anche lavoratori dipendenti o pensionati. In compenso, sono ammessi al beneficio dell’esonero contributivo gli avvocati ( e gli altri professionisti) che hanno cominciato la loro attività nel 2020, indipendentemente dal rispetto dei 2 requisiti ricordati sopra. L’art. 2 del decreto interministeriale disciplina l’esonero contributivo per i lavoratori autonomi iscritti all’Inps, destinando ad essi 1,5 miliardi di euro ( il rimanente miliardo è destinato alle casse dei professionisti), ed oltre a stabilire la condizione della regolarità contributiva, fissa al 31 luglio la scadenza per la presentazione della domanda all’Inps, ma l’Istituto è intervenuto subito a prorogare tale termine fino al 30 settembre, con il messaggio 2761/ 2021.
L’art. 3 del decreto interministeriale chiarisce le regole per i professionisti iscritti alle casse, stabilendo in primo luogo il termine del 31 ottobre per l’invio della domanda alla propria cassa previdenziale. Si attribuisce poi a questa ultima il compito di predisporre lo schema di domanda, dove il professionista deve dichiarare l’esistenza di una serie di circostanze che danno accesso all’esonero contributivo, quali non essere lavoratore dipendente/ pensionato, non aver presentato un’ulteriore domanda ad un altro ente previdenziale, il rispetto dei criteri di reddito e di calo del fatturato, e la regolarità della propria contribuzione.
È il caso di ricordare che, ai sensi del comma 7 dell’art. 3, le casse previdenziali sono obbligate a trasmettere all’Agenzia delle entrate l’elenco dei beneficiari dell’esonero contributivo, e inoltre a comunicare mensilmente ai ministeri del Lavoro e dell’Economia, gli importi delle domande ammesse, ai fini del monitoraggio.
Non si può escludere che il miliardo di euro attribuito alle casse previdenziali sia insufficiente, e quindi è consigliabile non attardarsi troppo nel presentare domanda alla propria cassa previdenziale.
Pur nella soddisfazione dell’uscita del decreto, non sono state nascoste alcune perplessità da parte del mondo delle casse previdenziali, di cui si è fatto interprete Alberto Oliveti, in qualità di presidente Adepp, con una lettera al ministero del Lavoro.
Il primo dubbio riguarda la definizione di reddito, visto che la norma faceva riferimento a quello complessivo, e il decreto interministeriale a quello professionale.
Al riguardo va detto però che, pur essendo prevalente la legge a una disposizione attuativa, per questa fattispecie è ragionevole ritenere che sia prevalente la disposizione amministrativa, anche per un motivo logico, ossia che i contributi sono proporzionali al reddito professionale, e non a quello complessivo, che comprende anche, ad esempio, i redditi immobiliari.
Un altro dubbio riguarda il concetto di “regolarità contributiva”, la cui logica può essere diversa per le casse dei professionisti rispetto all’Inps, che è un soggetto pubblico. Per esempio, un ritardo, entro certi limiti, può essere considerato motivo di irregolarità per l’Inps, ma non per una cassa, ognuna delle quali ha le proprie regole. Infine, cosa succede al professionista che, pur avendo diritto all’esonero contributivo, ha già pagato i propri contributi per il 2021? Se per gli iscritti all’Inps, l’art. 2, comma 3 del decreto interministeriale consente il recupero, nulla è previsto al riguardo per i professionisti che versano alla propria cassa.
In definitiva, tutto lascia immaginare che ulteriori disposizioni vengano emanate per questa misura, lungamente attesa.