Escalation di suicidi in carcere: 2 donne in pochi giorni. L’ultima, Donatella, lascia un messaggio straziante
42 i detenuti che si sono tolti la vita da gennaio: tra loro 4 donne. Superati i 34 del 2011. Aveva 27 anni la ragazza che ieri si è ammazzata a Verona, lunedì si è impiccata una donna a Rebibbia. E il Lazio registra altri 3 morti
«Leo, amore mio, mi dispiace, sei la cosa più bella che mi poteva accadere e per la prima volta in vita mia penso e so cosa vuol dire amare qualcuno, ma ho paura di tutto, di perderti e non lo sopporterei mai amore mio. Leo sii forte, ti amo e scusami». È il biglietto lasciato da Donatella, una ragazza di 27 anni con problemi di tossicodipendenza che si è uccisa ieri notte al carcere di Verona. Ha deciso di farla finita, non ha resistito. Da come si evince da questa sua dolorosa lettera piena di amore, non ha voluto affrontare una eventuale perdita. Il carcere, ancora una volta, diventa un buco nero che risucchia anche le persone fragili, vulnerabili e che non hanno la forza di affrontare il fardello della reclusione. Con lei, siamo giunti al 42esimo suicidio dall’inizio dell’anno 2022.
Il primo agosto a Rebibbia un’altra donna si è tolta la vita
Il caso vuole che Donatella non sia l’unica donna. Il giorno prima, 1 agosto, al carcere di Rebibbia si è impiccata una donna, sempre con problemi di dipendenza. È la quarta detenuta donna (l’ultima, com’è detto, è al carcere di Verona) che si suicida dall’inizio dell’anno. Un numero altissimo se si considera che - al 30 giugno 2022 – le donne sono pari al 4.2% del totale della popolazione detenuta. Una percentuale – come ha sottolineato Antigone nel suo rapporto di metà anno - sostanzialmente stabile nel tempo, di poco inferiore al valore mediano dei paesi del Consiglio d’Europa, che secondo gli ultimi dati disponibili relativi al 31 gennaio 2021 si attesta sul 4,7%. Le quattro carceri femminili presenti sul territorio italiano (Trani, Pozzuoli, Roma e Venezia) ospitano 610 donne, circa un quarto del totale. Il numero più alto di donne detenute si trova nel Lazio (405), vista la presenza a Roma del carcere femminile più grande d’Europa. Seguono la Lombardia (370) e la Campania (324).
Nel Lazio morti tre detenuti nel giro di pochi giorni
Ma ritornando ai decessi, balza all’occhio la regione Lazio. Come rivela il garante regionale Stefano Anastasìa, sono morti tre detenuti morti nei penitenziari del Lazio nel giro di pochi giorni. Il primo agosto, come già detto, si è impiccata una donna del carcere di Rebibbia. Il giorno prima, nel reparto di medicina protetta dell’Ospedale Pertini, è morto un uomo di cinquantasei anni, già detenuto a Velletri, dove gli era stato trovato un tumore in stadio avanzato contro cui non è stato possibile fare nulla, se non accompagnarlo verso la fine. A Viterbo, invece, in carcere è stato trovato morto un uomo di trentotto anni, probabilmente per un abuso di alcol e farmaci. In ciascun caso, com’è di prassi, ci saranno accertamenti disposti dall’autorità giudiziaria. Per ognuno di essi il garante della regione Lazio Anastasìa ne ha avuto notizia dai dirigenti sanitari che, in particolare nel caso della morte annunciata del paziente del Pertini, hanno fatto di tutto per alleviargli le sofferenze e per consentirgli di morire (quasi) in libertà. «Certo - osserva il garante regionale - per ognuna di queste morti bisognerà rivedere cosa è stato fatto e cosa di meglio si sarebbe potuto fare, e rivedere i protocolli conseguenti, ma salvo che dalle indagini disposte dall’autorità giudiziaria non emergano fatti nuovi, non serve cercare colpevoli a ogni costo di tragedie che, purtroppo, sono all’ordine del giorno nelle nostre carceri. Il problema sono, appunto, le nostre carceri, costrette a essere luoghi di contenzione del disagio e della sofferenza psichica, ospizi dei poveri, spesso insopportabili fino all’abuso di sostanze». Anastasìa sottolinea che inizia nei prossimi giorni una nuova campagna elettorale per le elezioni politiche nazionali, per questo conclude con un auspicio: «Speriamo in parole misurate che siano anticipazioni di politiche sagge, che restituiscano alla società i suoi problemi di accoglienza e di sostegno sociale e riportino il carcere a quella condizione di extrema ratio che sola ne può consentire il rispetto dell’articolo 27 della Costituzione, il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità e l’impegno al reinserimento sociale dei condannati».
Ristretti Orizzonti: negli ultimi 10 anni tra gennaio e giugno tra i 19 e i 27 suicidi
Ritornando sui suicidi, ricordiamo che Antigone, nel suo recente rapporto di metà anno, ha stabilito una media di un detenuto che si toglie la vita ogni cinque giorni. Il dossier “morire di carcere”, curato da Ristretti Orizzonti, racconta come da dieci anni a questa parte i suicidi avvenuti tra il mese di gennaio e quello di giugno siano stati un minimo di 19 e un massimo di 27. Solo nel 2010 e nel 2011 tale numero si avvicinava a quello di oggi, rispettivamente con 33 e 34 suicidi. Antigone sottolinea che quelli erano quelli gli anni del grande sovraffollamento penitenziario, i detenuti erano molti di più, e la Corte Europea condannava l’Italia per violazione del divieto di tortura e di pene o trattamenti inumani e degradanti. Oggi i detenuti sono assai meno che allora ma carenze e disagi continuano, impattando con più o meno forza nei percorsi delle persone detenute. Ovviamente ogni caso di suicidio ha una storia a sé, fatta di personali sofferenze e fragilità, ma quando i numeri iniziano a diventare così alti non si può non guardarli con un’ottica di insieme. Come un indicatore di malessere di un sistema che necessita profondi cambiamenti.
L'Italia è al decimo posto tra i paesi con il più alto tasso di suicidi in carcere
A riprova della natura strutturale del fenomeno, Antigone fa il confronto con quanto accade fuori dagli istituti di pena: con 0,67 casi di suicidi ogni 10.000 abitanti, l’Italia è in generale considerato un paese con un tasso di suicidi basso, uno tra i più bassi a livello europeo. Secondo gli ultimi dati del Consiglio d’Europa, l'Italia si colloca invece al decimo posto tra i paesi con il più alto tasso di suicidi in carcere. A fine 2021, tale tasso era pari a 10,6 suicidi ogni 10.000 persone detenute. Mettendo quindi in relazione il dato della popolazione detenuta con quello della popolazione libera vediamo l’enorme differenza tra i due fenomeni: in carcere ci si leva la vita ben 16 volte in più rispetto alla società esterna. Antigone ha rivelato anche un altro dato interessante. Guardando l’età, la fascia più rappresentativa è quella più giovane con 14 persone decedute di età compresa tra i venti e i trent’anni. I più giovani in assoluto erano due ragazzi di 21 anni, mentre il più anziano un uomo di 70. Tra le persone che si sono tolte la vita, diverse si trovavano in carcere solo da poche ore. Altre erano invece destinate a lasciarlo a breve, essendo vicine al fine pena o trovandosi in procinto di uscire in misura alternativa