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Ermini
«Ho sempre considerato un azzardo e un errore, nonché una lesione del principio della ragionevole durata, modificare la disciplina della prescrizione al di fuori e prima ancora di interventi organici e sistematici di riforma, come se la minaccia di un giudizio senza fine possa taumaturgicamente deflazionare e accelerare i processi». Ad affermarlo, dal palco dell'inaugurazione dell'anno giudiziario dell'Unione delle Camere Penali, è stato il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini. La giustizia «non sia più terreno di scontro politico», ha ammonito, ricordando che «i cittadini devono poter contare su procedimenti brevi e giusti e sul rispetto dei loro diritti». Il vicepresidente dell'organo di autogoverno delle toghe ha poi ribadito l'invito ai '«partiti ad abbandonare rivalse, veti, ricatti e ultimatum», perché «nella tutela della giurisdizione e dei valori costituzionali tutti devono stare dalla stessa parte. La politica - ha aggiunto - potrà riconquistare la primazia nella guida della società solo attraverso riforme armoniche e condivise - ha concluso - non inseguendo gli umori della piazza o legiferando con norme spot e di corto respiro». «La giustizia penale impone una riforma più complessiva», che «metta mano anche al codice sostanziale procedendo a un'ampia depenalizzazione. Abbiamo troppe norme penali e troppe norme spesso senza sanzioni realmente efficaci ed effettive», ha aggiunto Ermini, che ha invitato a «incentivare i riti alternativi. Una forte depenalizzazione, e credo che su ciò vi sia un larghissimo accordo tra i tecnici e gli operatori del diritto, potrebbe davvero sgravare procure e tribunali di un'infinità di ''microprocessi''- ha sottolineato - dando così modo di concentrarsi sui reati contro la persona e il patrimonio, sui reati economici e su altri reati gravi». «E poi - ha osservato - bisognerebbe riportare il rito accusatorio alla sua vera natura, puntando con più decisione e incentivando senza timidezza i riti alternativi; bisognerebbe razionalizzare e rendere più celeri le fasi pur senza intaccarne la struttura; bisognerebbe intervenire sull'udienza preliminare in modo da renderla effettivamente udienza-filtro. Soprattutto, anche se al riguardo va riconosciuto un maggior impegno rispetto al passato, bisognerebbe investire di più nella macchina della giustizia. Insomma - conclude Ermini - più depenalizzazione, più patteggiamenti, più strumenti e risorse per decongestionare il processo riportandolo sui binari di una giustizia celere e giusta». «La tutela dei diritti fondamentali è veramente il fine ultimo della giurisdizione, l'unica via della giustizia. Questa tutela implica una magistratura libera, autonoma e indipendente, poiché solo grazie all'indipendenza la funzione giurisdizionale può essere svolta in modo imparziale e da una posizione di terzietà ed equidistanza dai confliggenti interessi in giuoco. Ma implica allo stesso tempo una avvocatura altrettanto libera, indipendente e autonoma - ha aggiunto in un passaggio del suo intervento -. Ma se magistrati, avvocati e accademici sono i coprotagonisti e partecipano su un piano di parità alla funzione giurisdizionale, io ritengo che nella comune battaglia a difesa della giurisdizione quale fondamento del sistema democratico e di giustizia non vi possano essere divisioni tra le diverse categorie di operatori del diritto - ha ammonito Ermini - la cui reciproca legittimazione è presupposto indispensabile del contributo di ciascuna all'attuazione dei principi e delle garanzie stabilite dalla Costituzione».