Approvato il testo base sull’ ergastolo ostativo dalla commissione Giustizia della Camera. Tutti i componenti, tranne Fratelli d’Italia, hanno votato a favore il testo che sostituisce le tre proposte di legge depositati dal Movimento 5 stelle, Fratelli d’Italia e quello della dem Enza Bruno Bossio. Un testo base che appare
un mosaico costituito da pezzi delle proposte di legge con qualche aggiunta estrapolata dalla proposta elaborata dalla Fondazione Falcone. Si attende ora la fissazione del termine per gli emendamenti.
Il presidente della commissione Giustizia Perantoni: «Trovata una mediazione»
A dare notizie dell’avvenuta approvazione è stato il presidente della commissione Giustizia e relatore del provvedimento Mario Perantoni, deputato del Movimento 5 Stelle, il quale ha aggiunto: «Abbiamo trovato una mediazione tra i valori espressi dalla Consulta e la necessità di mantenere il rigore nei confronti della detenzione dei boss mafiosi, un obiettivo per noi irrinunciabile. Renderò presto noto il termine per la presentazione degli emendamenti».
Ergastolo ostativo, entro maggio prossimo la scadenza fissata dalla Consulta
E proprio agli emendamenti rimanda Walter Verini, membro delle commissioni Giustizia: « Il nuovo ciclo di audizioni, tra le quali quella con la Fondazione Falcone, e la fase emendativa potranno consentire di rafforzare il provvedimento». Saranno proprio gli emendamenti a migliorare, o peggiorare a seconda dei punti di vista, il testo base per poi “trasformarlo” in proposta di legge che sarà sottoposto alla votazione parlamentare. Una legge che andrà fatta entro maggio prossimo, scadenza fissata dalla Consulta pronta a rendere incostituzionale l’attuale 4 bis, nella parte in cui prevede il divieto assoluto dei benefici per chi sceglie di non collaborare con la giustizia.
La Corte Costituzionale si dovrà pronunciare per la liberazione condizionale
Ricordiamo che
l’ostatività è già caduta per la concessione del permesso premio. In questo caso la Corte Costituzionale si dovrà pronunciare per la liberazione condizionale. Per la Consulta, l’esclusione del beneficio penitenziario ai condannati all’ergastolo per reati di mafia, che non abbiano collaborato con la giustizia, è contraria all’art. 27 della Costituzione e all’art. 3 della Cedu. L’ergastolo ostativo ha suscitato critiche a più riprese, per il pericolo di vanificare la finalità rieducativa della pena. La questione di costituzionalità, portata all’attenzione della Consulta nell’anno 2003, venne respinta, sostenendo che gli ergastolani che rifiutavano di collaborare con la giustizia, esercitavano una propria “scelta” e non erano dunque esclusi definitivamente dai benefici. Analoga affermazione si ritrova, dopo dieci anni, nella sentenza n. 135 del 2013. Eppure
il ragionamento della Corte non pareva convincente, soprattutto perché lasciava inalterato quel binomio, a base dell’esclusione dei benefici, tra il rifiuto della collaborazione e la prova della persistenza dei legami con l’associazione criminale. Emergono invece casi in cui,
alla base del rifiuto di collaborare con la giustizia, si trovano ben altre motivazioni: il timore di ritorsioni sulla propria famiglia, quello di dover accusare amici e parenti, o di peggiorare il proprio quadro processuale. E viceversa si sono verificati casi in cui il condannato, pur avendo collaborato con la Giustizia, ha dimostrato con la propria condotta di conservare inalterati i rapporti con la cosca mafiosa. Una questione che ha sviscerato molto bene la sentenza Viola contro Italia della Corte di Strasburgo, dimostrando di conoscere molto bene la condizione del nostro Paese.
Il testo approvato in commissione Giustizia contiene diversi punti critici
Ritornando alla commissione Giustizia, il testo base approvato contiene diversi punti critici – molti sono del Movimento 5Stelle - che farebbero rischiare altre future condanne da parte della Cedu. Tra quelli più discutibili c’è l’obbligo da parte del richiedente dei benefici, di dimostrare «congrui e specifici elementi concreti, (…) che consentano di escludere con certezza l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali».In sostanza, parliamo di un punto che trova contrari tutti i magistrati di sorveglianza auditi in commissione, compreso il presidente dell’Anm. Si spera, quindi, negli emendamenti migliorativi.