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ergastolo ostativo
Quello inferto dalla Corte costituzionale con le due sentenze che hanno dichiarato l’incostituzionalità della concessione di permessi premio e della libertà condizionale solo in caso di collaborazione con la giustizia sarebbe un «colpo mortale» all’ergastolo ostativo. Ed è per questo che il M5S, raccogliendo l’invito della Consulta a legiferare entro maggio 2020, ha presentato ieri una proposta di legge di contrasto alle mafie. La giornata scelta da Eugenio Saitta, capogruppo in commissione Giustizia della Camera, Vittorio Ferraresi, deputato e primo firmatario della proposta (sottoscritta dall'ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede) e Marco Pellegrini, senatore e membro della commissione Antimafia, è strategica: il giorno in cui Giovanni Falcone avrebbe compiuto 82 anni. «Lo ricordiamo non soltanto come uomo - ha esordito Ferraresi - ma in particolare e soprattutto per le sue idee. Idee che hanno dato vita, insieme a quelle di altri grandi uomini, ad un sistema di contrasto alle mafie quanto mai attuale, fermo e incisivo nel nostro panorama. Un sistema che è stato in questi anni indebolito, ma rimane attuale proprio per la trasformazione che le mafie hanno avuto in questi anni». L’idea di fondo è che la pronuncia della Consulta renda meno efficace il contrasto alle mafie, tradendo, in qualche modo, l’insegnamento di chi, come Falcone, ha pagato con la propria vita la lotta alla criminalità organizzata. Ma fu proprio il magistrato siciliano il primo ad essere consapevole che l’ergastolo senza condizionale sarebbe stato incostituzionale: con il primo decreto legge del 13 maggio 1991, il numero 152, Falcone, all’epoca Direttore generale degli affari penali del ministero di Grazia e Giustizia, non aveva infatti escluso la possibilità dei benefici in assenza di collaborazione, bensì aveva allungato i termini per ottenerla. E fu solo dopo la morte di Falcone, dunque, che venne introdotto quell’automatismo oggi considerato incostituzionale dal giudice della legge. La proposta per la quale il M5S ha più volte invocato la collaborazione degli altri partiti, invitando tutti a mettere da parte le bandierine, prevede che i benefici possano essere concessi agli ergastolani ostativi anche in assenza di collaborazione, «purché il condannato dimostri l’integrale adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato o la assoluta impossibilità di tale adempimento, e fornisca elementi concreti, ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria e alla partecipazione al percorso rieducativo, che consentono di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, e, comunque, con il contesto in cui il reato è stato commesso, nonché di escludere il pericolo di ripristino di tali collegamenti, tenendo conto delle circostanze personali ed ambientali». La magistratura di sorveglianza, prima di decidere, dovrà chiedere un parere - non vincolante - al procuratore nazionale antimafia e a quello del distretto cui appartiene il tribunale che ha emesso la sentenza, acquisendo informazioni anche dalle carceri e dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. La proposta prevede anche una delega al governo per accentrare tutte le decisioni presso il Tribunale di sorveglianza di Roma, con una sezione dedicata e un contestuale adeguamento della pianta organica, sezione che dovrà decidere collegialmente e con la partecipazione del procuratore nazionale antimafia e del procuratore presso il tribunale del capoluogo del distretto dove è stata emessa la sentenza, entrambi competenti per l’eventuale ricorso per Cassazione. «Il M5S ha la responsabilità di rispondere e dare una risposta concreta di contrasto alle mafie - ha sottolineato Ferraresi -. Guai a non valutare concretamente quello che le mafie sono diventate e il pericolo delle infiltrazioni mafiose, soprattutto in questo momento di emergenza sanitaria, perché le risorse del Recovery sono ovviamente a rischio». La proposta mira, con il suo primo punto, a “obbligare” il condannato all’ergastolo ostativo a dimostrare di avere tagliato i collegamenti con associazioni criminali e che non ci sia il pericolo che, in futuro, possa tornare sui propri passi. «È una prova molto più difficile e non basteranno una dichiarazione o la valutazione della buona condotta o il percorso rieducativo», ha affermato ancora l’ex sottosegretario alla Giustizia. E ciò varrà anche per il risarcimento dei danni alle vittime, che necessiterà di una prova “rinforzata” per quanto riguarda la disponibilità e la provenienza delle risorse. Il passo successivo è un irrigidimento del controllo in caso di concessione, ampliando la previsione della libertà vigilata a tutto il periodo della liberazione condizionale, una volta concessa. «Sarà più difficile concedere i benefici penitenziari ai condannati per gravi reati ma sarà anche più facile il controllo e l’eventuale revoca una volta concessi - ha aggiunto -. La prova diventerà più dura, il controllo diventerà più duro e i paletti valutati dal magistrato più ferrei». Per Pellegrini si tratta di «un disegno di legge equilibrato», in grado sia di rispondere alle questioni sollevate dalla Consulta sia alle «legittime istanze dei detenuti». Uno dei pilastri della proposta è proprio il ruolo delle Dda e del procuratore nazionale antimafia nell’iter istruttorio che porterà alla valutazione finale dei Tribunali di sorveglianza. Ciò affinché ci sia «un organismo altamente specializzato che conosce bene i territori e i collegamenti» tra detenuti e organizzazioni d’origine, in grado di “aiutare” il magistrato nella propria valutazione. Un parere che ha una «importanza decisiva», ferma restando la libertà dei giudici «di disattenderlo», pur con «l’obbligo di motivare adeguatamente». «Oggi presentiamo questa proposta di legge affinché all’interno del Parlamento si possa aprire una discussione su questo importantissimo tema - ha concluso Saitta -. Il M5S è in prima linea nella lotta alla mafia e per noi questo diventa un tema prioritario per questo Parlamento e per la società. Siamo aperti ad un dibattito maturo ed anche a proposte migliorative, all’interno della Commissione giustizia e del Parlamento e ci aspettiamo una risposta seria anche da parte delle altre forze politiche». E da qui, in tema di riforme, arriva il messaggio a Lega e Radicali: «I nodi si possono sciogliere non scendendo in piazza a chiedere i referendum, ma sedendosi attorno ad un tavolo e cercando soluzioni». E il ruolo di mediatrice toccherà, necessariamente, alla ministra della Giustizia Marta Cartabia.