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ergastolo ostativo
Iniziato il conto alla rovescia per una legge sull’ergastolo ostativo secondo quanto indicato dalla Corte Costituzionale, prima che decida, il prossimo mese di maggio, di dichiarare illegittima la preclusione assoluta ai condannati al fine pena mai che non vogliono collaborare con la giustizia. La commissione Giustizia, infatti, ieri ha avviato le audizioni per recepire i pareri di giuristi e addetti ai lavori, in merito alla modifica del 4 bis dell’ordinamento penitenziario. Più specificamente la parte in cui, appunto, attualmente impedisce agli ergastolani condannati per associazione mafiosa e terrorismo di accedere alla libertà condizionata se non hanno collaborato. Tre sono le proposte di legge in esame. Quella del Movimento Cinque Stelle a firma di Vittorio Ferraresi, Alfonso Bonafede, Giulia Sarti e altri. Tra i vari punti che creano più discussione, è la proposta di creare un unico ufficio, presso il Tribunale di sorveglianza di Roma, così come accade per quanto riguarda il 41 bis. Simile la proposta di Fratelli d'Italia (iniziativa dei deputati Delmastro Delle Vedove, Ciaburro e altri). Due proposte di legge che tendono a blindare un “nuovo ergastolo ostativo”, quasi una forzatura della ratio espressa dalla Corte Costituzionale. A seguire c’è la proposta del Partito Democratico, a firma della deputata Vincenza Bruno Bossio. Propone che «siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva», ma vorrebbe un giro di vite per i pareri dei pm antimafia: senza valutazioni sulla concessione dei benefici, si dovrebbero limitare solo a «elementi fondati e specifici» sui collegamenti o meno dei detenuti con gli ambienti criminali. La commissione Giustizia ha aperto i lavori ascoltando il parere dell’avvocato Gianpaolo Catanzariti, responsabile – assieme all’avvocato Riccardo Polidoro - dell'Osservatorio Carcere delle Camere penali. Raggiunto da Il Dubbio, spiega che l’unica proposta di legge che sembra in linea con le indicazioni convenzionali e costituzionali, sia quella della deputata Bruno Bossio del Pd. La critica espressa dall’osservatorio carcere, è quella nei confronti di chi – tramite i Ddl – vorrebbe reagire alle decisioni della Cedu e della Corte Costituzionale che – secondo i detrattori di tali decisioni - «avrebbero inferto “un colpo mortale” all’ergastolo ostativo e posto gli stessi magistrati “a forte pressioni e pericoli di condizionamento”». Eppure - secondo l’avvocato Catanzariti - «la Cedu e la Corte Costituzionale non hanno messo sotto accusa l’istituto della collaborazione, ma hanno segnalato la necessità di un doveroso ritorno alle origini entro la cornice costituzionale, secondo le intenzioni di Falcone». Quali? «Uno strumento che avrebbe dovuto favorire la fuoriuscita dal circuito penitenziario di chi collaborava, è diventato un catenaccio inossidabile per impedire al resto dei detenuti non collaboranti di potervi accedere». Questo è in sostanza il “grido d’allarme” che l’osservatorio carcere delle Camere penali ha lanciato in commissione Giustizia.Ricordiamo, che la Consulta era chiamata a pronunciarsi sulle questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di Cassazione sul regime applicabile ai condannati alla pena dell’ergastolo per reati di mafia e di contesto mafioso che non abbiano collaborato con la giustizia e che chiedano l’accesso alla liberazione condizionale. Il 15 aprile scorso, la Corte a anzitutto rilevato che la vigente disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo preclude in modo assoluto, a chi non abbia utilmente collaborato con la giustizia, la possibilità di accedere al procedimento per chiedere la liberazione condizionale, anche quando il suo ravvedimento risulti sicuro. Ha quindi osservato che tale disciplina ostativa, facendo della collaborazione l’unico modo per il condannato di recuperare la libertà, è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tuttavia, l’accoglimento immediato delle questioni rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata.La Corte ha perciò stabilito di rinviare la trattazione delle questioni a maggio 2022, per consentire al legislatore gli interventi che tengano conto sia della peculiare natura dei reati connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso, e delle relative regole penitenziarie, sia della necessità di preservare il valore della collaborazione con la giustizia in questi casi.