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Il detenuto è minorenne, ma è recluso con gli adulti. Quella di D. Y. è una storia in cui si intrecciano ritardi e confusione. Il giovane è stato arrestato nei mesi scorsi a Milano con l’accusa di aver rapinato, nei pressi della stazione Centrale, un cittadino bulgaro con la complicità di altre due persone.
In occasione dell’identificazione è emerso che D. Y ha meno di diciotto anni. «Lo scorso 8 giugno – dice al Dubbio l’avvocata Federica Liparoti, difensore di fiducia del ragazzo marocchino -, in sede di incidente probatorio da me richiesto davanti al Tribunale di Milano, sono comparsi i periti nominati per accertare l'età del mio assistito, indagato per rapina. Sin dal primo momento D. Y. ha detto di essere minorenne».
Per confermare con precisione l’età è stato effettuato un esame medico. Da qui il Gip, a seguito delle indagini peritali, ha confermato la minore età e ha dichiarato la propria incompetenza chiedendo l’intervento del Gip presso il Tribunale per i minorenni di Milano, con l'immediata restituzione degli atti al pubblico ministero.
A questo punto l'avvocata Liparoti ha sollecitato il trasferimento del minore presso un Istituto penitenziario minorile. «Nonostante siano trascorsi più di dieci giorni dall’accertamento giudiziale della minore età – aggiunge Federica Liparoti –, D. Y. si trova ancora recluso a San Vittore, sebbene l’ordinamento penale e penitenziario italiano vietino la reclusione di soggetti minorenni presso istituiti destinati ad adulti. Il legislatore italiano ha istituito gli Istituti penitenziari minorili per assicurare l'esecuzione dei provvedimenti dell'Autorità giudiziaria, quali la custodia cautelare dei minorenni sottoposti ad indagine per alcuni gravi reati. Gli Ipm ospitano minorenni o ultradiciottenni, fino a 25 anni, qualora il reato cui è riferita la misura sia stato commesso prima del compimento della maggiore età. Si differenziano dalle carceri ordinarie poiché dovrebbero garantire ai minori, la cui personalità è ancora in via di sviluppo, il diritto a un’armonica crescita psico- fisica, allo studio, alla salute, con particolare riguardo alla non interruzione dei processi educativi in atto e al mantenimento dei legami con le figure significative. La Cedu nel 2022 ha già condannato l’Italia per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione per aver trattenuto un giovane migrante del Gambia di sedici anni per quattro mesi in un centro per adulti. Stiamo valutando quindi di presentare ricorso alla Cedu per ottenere un analogo risarcimento».
Alla fine della scorsa settimana l’avvocata Liparoti ha ricevuto dall’ufficio matricola del ministero della Giustizia la comunicazione con la quale si rilevava la richiesta al Centro giustizia minorile di Milano per l’assegnazione di D. Y. ad un istituto minorile, senza però l’indicazione della struttura e i tempi per effettuare il trasferimento. Fino a ieri ancora nessuna novità.
Sulla vicenda è intervenuto il Coa di Milano. «Siamo molto preoccupati – afferma l’avvocata Beatrice Saldarini, presidente della Commissione carcere – e auspichiamo che venga presto trovata una soluzione. Resta lo sconcerto al cospetto di un caso che attesta la crisi perenne in cui versa il nostro sistema penitenziario, che in questo caso si abbatte su un ragazzo». Analogo il commento del presidente del Coa milanese, Antonino La Lumia: «L’Ordine degli avvocati di Milano con la sua Commissione continuerà a vigilare, affinché il carcere sia luogo della legalità dove si rispettano i principi costituzionali e le disposizioni legislative che vi hanno dato attuazione».
Il segretario e la tesoriera del Partito Radicale, Maurizio Turco e Irene Testa, con l’avvocata Simona Giannetti, consigliera generale di Milano, hanno sollecitato le Autorità del Garante Regionale per le persone private della libertà e per i Minori e Adolescenti per un intervento a favore del ragazzo detenuto nel carcere di San Vittore. «In assenza di disponibilità in Ipm – dicono -, il minore venga inserito in una comunità».