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«Trovo corretta e condivisibile l’iniziativa del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone: certo che vanno evitati automatismi tra ricezione delle notizie di reato e iscrizione nel registro degli indagati. In particolare se l’accusa è formulata in un esposto». A parlare è Vittorio Ferraresi, capogruppo del Movimento cinquestelle nella commissione Giustizia di Montecitorio. E le sue parole dimostrano una cosa: la circolare emanata nelle scorse settimane dal capo dei pm capitolini rischia di scardinare il circo mediatico giudiziario. Prima di indagare una persona ricordatevi che potreste distruggere la reputazione di un innocente, ha scritto Pignatone ai suoi sostituti. Ora persino il partito più intransigente in materia di giustizia dice basta: «Non è possibile», per Ferraresi, «che un avversario politico ti rinfacci il coinvolgimento in un’indagine quando, come nel caso di Torino, è stato lui a creare il danno e gli stessi presupposti dell’indagine» .
Il procuratore di Roma avverte: l’iscrizione non sia automatica, si ricordi che la condizione di indagato espone a conseguenze gravi sul piano della reputazione. Condivide, onorevole Ferraresi?
Condivido. Il procuratore di Roma d’altronde richiama sentenze della Cassazione. Dovrebbe bastare la lettera della legge e, appunto, la pronuncia della Suprema corte. Il principio è chiaro: va bene denunciare se ci sono elementi per farlo, ma è all’organo che procede, la Procura, che spetta valutare se ci sono gli elementi per l’iscrizione del presunto responsabile. È il pm che stabilisce se sussistono elementi di rilevanza penale. Pignatone ha confermato un principio che dovrebbe essere chiaro.
Possibile che in certi casi il pm iscriva a prescindere per non vedersi contestare in futuro un errore di sottovalutazione, come i medici che prescrivono di tutto per non correre rischi?
Non credo sia sempre così. Quando un pm indaga una persona lo fa sia per garantire l’attività inquirente che la persona stessa.
Vero, poi però la garanzia diventa una gogna. Pignatone lo scrive in modo chiaro.
Allora: anche molti nostri consiglieri eletti nelle amministrazioni locali presentano esposti. A volte sono presi in considerazione, altre no. Vedo tanti esposti fatti da esponenti del Pd con il chiaro obiettivo di colpire il nemico.
A parte i casi di Roma e Torino, è così diffuso il fenomeno del Pd che dà la caccia ai cinquestelle a colpi di denunce?
Il Pd non ha mai prodotto una così intensa attività di denuncia in sede giudiziaria come in questo momento. Con la faccia tosta di chi è appena reduce da una stagione in cui ha fatto danni incalcolabili.
Prima sono stati cacciati a calci con il voto democratico, dopo hanno fatto in modo che si avviassero indagini contro gli amministratori del Movimento. Prima hanno creato il danno, poi i presupposti dell’indagine nei confronti dei nostri sindaci.
Leoluca Orlando faceva così: ti attaccava in tv al grido ‘ lei è un inquisito! ” dopo che l’indagine l’aveva fatta partire lui con un esposto.
Non ho un bel ricordo di certi attacchi di Orlando a Falcone e Borsellino.
Dopodiché, certo, non è che il Movimento cinquestelle non presenti esposti, intendiamoci. Noi riteniamo che spetti poi all’autorità giudiziaria verificare l’esistenza di ulteriori elementi che consentano, eventualmente, di procedere a carico di una certa persona.
Anche un esponente pd può cavarsela con la sua stessa affermazione.
È sotto gli occhi di tutti che il Pd ha governato e creato danni enormi: il fatto che oggi abbia messo su una catena di montaggio per esposti in Procura è surreale e ipocrita.
L’altro ieri Violante ha ribadito che i partiti dovrebbero smetterla di rinfacciarsi avvisi di garanzia e saper decidere in autonomia, casomai, se un proprio indagato deve farsi da parte.
Siamo gli unici ad avere un codice di condotta in base al quale si può essere estromessi anche prima di una condanna definitiva. Se gli altri partiti lo mutuassero tanti loro esponenti non siederebbero più né in Parlamento né in Consiglio comunale. E questa è la prima regola.
La seconda?
Se pur in assenza di responsabilità penale un’intercettazione fa emergere comportamenti che tradiscono l’obbligo, previsto in Costituzione, di adempiere al mandato con disciplina ed onore, se per esempio si dice qualcosa di grave al telefono, il politico responsabile di quei comportamenti va allontanato comunque.
E voi non siete stati precipitosi, in qualche caso, a scaraventarvi contro avversari indagati la cui colpevolezza era ancora tutta da accertare?
No. Certamente non quando i comportamenti del soggetto presentavano elementi di gravità sul piano politico anche a prescindere da eventuali future condanne. Se uno si prostra alle lobby o si fa fare regali, se piazza amici e parenti, non c’è bisogno di aspettare il processo.
Ma come Movimento cinquestelle siete pronti a dire che un certo avversario politico è sì indagato ma prima di costringerlo alle dimissioni bisogna aspettare il processo?
Siamo pronti. A una condizione.
Quale?
Che, al di là dell’indagine, quell’esponente politico non dia risposte inaccettabili.
A cosa si riferisce?
Se di fronte all’indagine Consip Renzi dice che è tutta una congiura, ecco, questo è grave. Se ci si rivolge all’opinione pubblica non lo si può fare in questo modo.
L’iscrizione di Appendino dei giorni scorsi è sembrata inevitabile, ma sul maxischerno, e forse anche nel caso di Raggi sul fratello di Marra, i pm non hanno avuto la mano pesante?
Ci affidiamo ai magistrati. Speriamo che ogni procuratore della Repubblica svolga le proprie funzioni con imparzialità. Non mi avventuro in critiche che non si possono argomentare. Sarà la legge a stabilire se qualcuno ha agito in modo scorretto.
Altri procuratori capo dovrebbero emanare circolari come quella di Pignatone, secondo lei?
Sì, se lo ritengono. Se ritengono di dover ribadire che l’iscrizione va fatta solo qualora la notizia di reato trovi riscontro in altri elementi. Credo che questo avvenga già. Ma se in qualche caso non avviene, ben vengano altre circolari.