Sono destinate a spalancarsi le porte del carcere, anche se manca poco più di mese al “fine pena”, per il detenuto agli arresti domiciliari che non “collabora” con le Forze dell’ordine e con i giudici. E a nulla valgono le sue precarie condizioni di salute, come l’essere portatore di aritmia, colpito in passato da diverse embolie polmonari, con problemi circolatori e di ipertensione e, peraltro, con un intervento chirurgico già fissato a breve. Lo scrive il magistrato di sorveglianza di Alessandria Angelo Rosano in un provvedimento con cui la scorsa settimana ha disposto la sospensione della detenzione domiciliare per un 48enne di Valenza. L’uomo stava scontando presso la propria abitazione nell’alessandrino un cumulo di pene per reati vari, con scadenza il prossimo 23 dicembre. Nell’ultimo anno egli aveva però ricevuto tre diffide dal magistrato di sorveglianza. Una, in particolare, per essersi assentato dal domicilio senza avvertire le Forze dell’ordine, e un’altra per aver minacciato ed offeso attraverso i social un suo parente con il quale aveva evidentemente delle ruggini pregresse. Ad aggravare la situazione, poi, anche l’aver risposto in una occasione in modo polemico alle Forze dell’ordine che erano andate a casa per il previsto controllo.

Nel provvedimento con cui è stata disposta la sospensione degli arresti domiciliari ed il suo accompagnamento in carcere, il magistrato aveva anche stigmatizzato il fatto che il soggetto più volte si era attivato per presentare delle istanze finalizzate ad una modifica delle prescrizioni, senza specificare quali fossero i motivi di “famiglia”, “salute”, “lavoro”. Inoltre, aggiungeva il magistrato, il soggetto aveva anche reiterato istanze già proposte e rigettate, non rispettando le previste procedure, come quella di inoltrarle alle Forze dell’ordine e non invece direttamente al giudice. In conclusione, essendo l’uomo “incapace di assoggettarsi alle regole e alle prescrizioni”, oltre a manifestare insofferenza, è dunque inevitabile la sospensione del beneficio degli arresti domiciliari. Anche se, come detto, mancava poco più di un mese al fine pena e le sue condizioni di salute non sono delle migliori.

«Il mio assistito si trova ora in ospedale in quanto la sua situazione sanitaria è quanto mai compromessa. Ho allora presentato una istanza per rivalutare il provvedimento di sospensione degli arresti domiciliari che è arrivato ad un mese dal fine pena. Considerato il suo stato di salute, sarebbe opportuno che egli scontasse la parte di pena residua presso una idonea struttura terapeutica o anche presso il proprio domicilio senza alcun permesso d’uscita», ha dichiarato l’avvocato Silvio Bolloli. Va ricordato che la Cassazione, con la sentenza numero 8630 depositata lo scorso 27 febbraio, ha stabilito in tema di misure cautelari personali che la trasgressione alle prescrizioni concernenti il divieto di allontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, ove non ritenute di lieve entità, determina la revoca obbligatoria di tale misura, seguita dal ripristino della custodia in carcere. Sul punto, prosegue la Cassazione, il giudice non deve previamente neppure valutare l’idoneità degli arresti domiciliari con modalità elettroniche di controllo. La giurisprudenza in tema di misure cautelari personali non lascia molti spazi. Già nel 2019, sempre la Cassazione aveva infatti affermato che la trasgressione delle prescrizioni imposte con gli arresti domiciliari legittima la sostituzione della misura con quella della custodia cautelare in carcere anche nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 275, comma 4, del codice di procedura penale (quando imputato sia donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, o quando imputato sia persona che ha superato l’età di settanta anni), senza necessità di verifica della sussistenza delle ragioni di cautela di eccezionale rilevanza, salvo che vi sia la prova della lieve entità del fatto.