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Affettività in carcere
Due detenuti si sono tolti la vita nel giro di poche ore nelle carceri di Prato e Sollicciano, portando a undici il numero di suicidi nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno. A rendere nota la notizia è la Uilpa Polizia Penitenziaria, che denuncia l’ennesima tragedia dietro le sbarre e la mancanza di risposte concrete da parte delle istituzioni.
Secondo quanto dichiarato dal segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, Gennarino De Fazio, il primo detenuto, un giovane nordafricano poco più che ventenne recluso nel carcere di Prato, si è tolto la vita inalando il gas di una bomboletta da campeggio, comunemente utilizzata per preparare i pasti all’interno della struttura. Il secondo, un uomo rumeno di 39 anni detenuto nel carcere fiorentino di Sollicciano, si è impiccato nel bagno della sua cella nel reparto giudiziario.
"Continua, nostro malgrado e nella sostanziale indifferenza della politica di maggioranza, la strage nelle carceri del Paese, dove vige una pena di morte di fatto che colpisce indiscriminatamente detenuti e operatori", ha commentato duramente De Fazio.
Un’emergenza ignorata: detenuti senza speranza, agenti allo stremo
L’episodio riaccende i riflettori su una crisi penitenziaria sempre più drammatica. Il sistema carcerario italiano è da tempo sotto pressione a causa del sovraffollamento, delle carenze strutturali e della mancanza di adeguato supporto psicologico per i detenuti, con conseguenze devastanti sia per chi è recluso sia per il personale che opera negli istituti di pena.
Secondo De Fazio, i provvedimenti finora adottati dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e dal governo Meloni sono stati insufficienti e si sono rivelati "un placebo" di fronte alla gravità della situazione. "I detenuti hanno perso ogni speranza e gli operatori, in primis del Corpo di polizia penitenziaria, sono stremati e avviliti, costretti a turni massacranti che spesso superano le 12 ore, con diritti fondamentali negati e il rischio di aggressioni quotidiane", ha aggiunto il sindacalista.
Un sistema al collasso: violenze e traffici illeciti in aumento
Oltre ai suicidi, la situazione carceraria italiana è segnata da un’escalation di violenze, traffici illeciti e malaffare. Nel solo 2024, gli agenti della polizia penitenziaria hanno subito 3.500 aggressioni, a dimostrazione di un contesto esplosivo in cui il personale è sempre più esposto a pericoli e il controllo degli istituti si fa sempre più difficile.
L’ultimo rapporto dell’Antigone, l’associazione che monitora le condizioni di detenzione in Italia, evidenzia come il tasso di suicidi in carcere sia di gran lunga superiore a quello della popolazione libera, segnale inequivocabile di un profondo disagio che trova nel carcere stesso un fattore di aggravamento anziché di rieducazione.
La richiesta di interventi immediati
Di fronte all’ennesima tragedia, i sindacati della polizia penitenziaria e le associazioni per i diritti umani tornano a chiedere riforme urgenti per ridurre il sovraffollamento, migliorare il supporto psicologico ai detenuti e garantire condizioni di lavoro dignitose per gli agenti.
Se non verranno presi provvedimenti concreti, il rischio è che questa "pena di morte di fatto", come l’ha definita De Fazio, continui a mietere vittime sia tra i detenuti che tra il personale penitenziario, in un drammatico circolo vizioso di disperazione e violenza.