PHOTO
INTERNO CARCERE MINORILE BECCARIA CORRIDOIO
L'anno nuovo è iniziato esattamente come si era chiuso il precedente, con le carceri italiane al centro di una crisi sempre più drammatica. Dopo un 2024 che ha registrato un numero record di suicidi – 89 detenuti e 7 agenti di polizia penitenziaria – il 2025 si è aperto con cinque tragici episodi in pochi giorni: quattro detenuti e un operatore.
Gli ultimi due nel carcere calabrese di Paola, dove ieri sera un detenuto di circa 40 anni, e questa mattina un impiegato delle funzioni centrali di 48 anni si sono tolti la vita impiccandosi, il primo nella sua cella, il secondo nella palestra della struttura penitenziaria. La tragica notizia è stata diffusa da Gennarino De Fazio, segretario generale della UilPa Polizia penitenziaria, sempre molto attento a tutto quello che accade negli istituti penitenziari italiani.
«L’operatore che si è tolto la vita - spiega De Fazio - pare che avesse anche problemi personali e certo non è facile indagare le molteplici cause sicuramente concorrenti che inducono a un gesto così estremo, ma di certo fra quelle cause il carcere con i suoi drammi umani, la violenza ricorrente e le sue innumerevoli disfunzionalità favorisce in talune circostanze un processo di disumanizzazione e, forse, persino di assuefazione tanto da rischiare di allentare nell’individuo l’esatta portata e drammaticità di alcune azioni».
L’analisi della situazione del sistema carcerario italiano è drammatica e come dice il segretario della Uilpa «i detenuti, 16mila oltre i posti disponibili, sono palesemente sottoposti a una carcerazione non dignitosa e neppure minimamente rispondente alla finalità della pena inframuraria dettata dalla Carta costituzionale; dall’altro lato dei cancelli, gli operatori, sia del Corpo di polizia penitenziaria, mancanti di 18mila unità, sia delle altre figure professionali sono sottoposti a carichi di lavoro e turnazioni insostenibili con sacrificio personale e familiare che viene vanificato dalla pressoché totale inefficienza e inefficacia del sistema sotto ogni profilo».
Sempre De Fazio ha dato notizia del caso che si è verificato martedì scorso, 7 gennaio, presso il carcere di Modena, dove un uomo di 49 anni, italiano, detenuto con l'accusa di presunto femminicidio, è stato trovato senza vita nella sua cella. L'uomo avrebbe inalato gas da un fornello da campeggio, un gesto che lascia dubbi sulla sua natura: un incidente durante una pratica per ottenere effetti allucinogeni o un deliberato suicidio? Tuttavia, l'assenza di tossicodipendenza porta a propendere per la seconda ipotesi.
Questo decesso si aggiunge a quello di un altro detenuto dello stesso istituto, morto in ospedale domenica scorsa dopo un tentativo di impiccamento, e a un altro suicidio avvenuto a Firenze Sollicciano nei primi giorni dell'anno. De Fazio ha esortato il governo a intervenire immediatamente con provvedimenti tangibili, avvertendo che il 2025 potrebbe risultare ancora più tragico del 2024.
Sul fronte politico, Luca Barbari, consigliere comunale del Partito democratico di Modena, ha espresso profonda preoccupazione per il terzo decesso avvenuto nella casa circondariale Sant'Anna in meno di tre settimane. «Questi eventi evidenziano il fallimento di un sistema detentivo che non solo non rieduca, ma genera recidiva e morti. Come Partito democratico presenteremo un'interrogazione urgente in Consiglio comunale per sollecitare interventi concreti e urgenti. La dignità umana e la sicurezza sociale sono in gioco». Barbari ha inoltre puntato il dito contro l'assenza di risorse destinate al trattamento dei detenuti, al lavoro penitenziario e al personale. «Queste morti si potevano evitare se le istituzioni avessero ascoltato gli allarmi lanciati dagli avvocati penalisti nella primavera del 2024», ha aggiunto, chiedendo le dimissioni del sottosegretario Andrea Delmastro, definendolo «inadeguato» alla gestione di questa emergenza.
Il ripetersi di tragedie così gravi impone provvedimenti urgenti per mettere fine a questa mattanza, partendo dalla riduzione del sovraffollamento. La situazione è diventata insostenibile, e il rischio che anche il 2025 sia ricordato come l'anno più nero delle carceri italiane comincia a essere non più un'ipotesi remota.