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ROBERTO GIACHETTI, POLITICO
Nel sistema penitenziario italiano, l’ordinanza sul detenuto di Parma ha riacceso il dibattito sull’affettività negata in carcere. La decisione, in linea con la sentenza della Corte costituzionale n. 10/ 2024, ha dichiarato illegittimo il divieto di colloqui intimi tra detenuti e i loro cari, riaffermando il diritto all’intimità e alla risocializzazione come elementi fondamentali della dignità umana. Nonostante la sentenza della Consulta garantisca il diritto ai colloqui intimi, oltre un anno è trascorso senza che alcun detenuto ne abbia beneficiato.
Questo divieto, privo di motivazioni legate alla pericolosità, rischia di rendere la pena eccessivamente punitiva, ostacolando il reinserimento sociale e aggravando il disagio psicologico. In questo contesto, il 10 febbraio 2025 l'Ufficio di Sorveglianza di Reggio Emilia ha accolto il reclamo di un detenuto del carcere di Parma, assistito dall'avvocata Pina Di Credico, che aveva già il 4 marzo 2024 richiesto il riconoscimento concreto del diritto all’affettività. È in questo quadro che si inserisce la recente vicenda al centro dell’interrogazione parlamentare presentata dal deputato Roberto Giachetti di Italia Viva al ministro della Giustizia.
La risposta della Direzione del carcere non si fece attendere: il 9 aprile 2024 fu respinta la richiesta, motivando l’azione con l’attesa di determinazioni provenienti dai Superiori Uffici, che avrebbero dovuto definire le modalità operative per l’attuazione dei colloqui intimi. Inoltre, in una nota del 25 maggio 2024, la Direzione precisò che gli spazi idonei a ospitare tali incontri non erano a disposizione dell’Istituto e che il Dap aveva costituito un gruppo di lavoro composto da esperti. Questo gruppo aveva richiesto ulteriori informazioni alla Direzione della Casa circondariale di Parma, al fine di individuare possibili soluzioni operative per garantire il diritto sancito.
La Corte Costituzionale aveva previsto un intervento legislativo per risolvere le problematiche operative, auspicando nel frattempo un impegno coordinato di tutta l’amministrazione della giustizia. Solo una sinergia tra legislativo, magistratura di sorveglianza e amministrazione penitenziaria potrà evitare che la pena diventi uno strumento di isolamento. A supportare questa visione, la Corte di Cassazione ( sentenza n. 8/ 2024) ha ribadito l’ammissibilità del reclamo per il diritto all’affettività, riconoscendo il diritto del detenuto a colloqui intimi con la moglie, negabile solo per motivi di sicurezza, ordine, disciplina o in presenza di comportamenti scorretti.
L'Ufficio di Sorveglianza di Reggio Emilia, dopo aver verificato con due relazioni la condotta esemplare del detenuto, ha disposto che, entro 60 giorni, questi potrà avere un colloquio intimo visivo senza sorveglianza, seguendo le modalità della sentenza della Corte Costituzionale e negli spazi designati dal carcere di Parma.
L'interrogazione parlamentare di Roberto Giachetti si focalizza su tre quesiti: se il Ministro della Giustizia conosca la situazione, quali azioni concrete siano state intraprese per attuare la sentenza ( in particolare i risultati del tavolo tecnico del Ministero), e se siano state diffuse circolari o note dall'Amministrazione penitenziaria volte a ostacolare l'attuazione del diritto sancito.
Questa interrogazione si configura come un indispensabile strumento di pressione, volto a sollecitare un impegno coordinato e tempestivo per adeguare la prassi penitenziaria ai principi costituzionali e ai diritti umani fondamentali, promuovendo così una pena che, anziché escludere, contribuisca alla risocializzazione.