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Si era sfiorata la tragedia quando due detenuti, nel pomeriggio di sabato, hanno appiccato un incendio nel carcere siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto, all’interno della sezione Atms, l’articolazione per la tutela della salute mentale. A causa delle fiamme e del fumo, otto agenti in servizio sono rimasti intossicati e trasportati, quindi, in pronto soccorso. I due detenuti, dopo aver seminato il panico aggredendo altri detenuti, sono stati isolati all’interno della propria stanza e lì hanno dato fuoco ai due materassi. Uno di loro si chiama Francesco Olivieri, il 32enne che in un raid, tra Nicotera e Limbadi, nel maggio 2018, uccise Giuseppina Mollese, di 80 anni, Michele Valerioti (67), e ferì 3 persone.
Proprio giovedì scorso, salì agli onori della cronaca, perché nel processo tenutosi nel tribunale di Vibo Valentia, quando il pm Concettina Iannazzo ha chiesto la condanna all'ergastolo richiesta poi accolta dal gip Olivieri ha dato in escandescenza, minacciando il pm, il gip Francesco Garofalo e le forze dell'ordine presenti in aula. Quindi ha iniziato a sferrare violenti calci contro le sbarre della cella ed ha tentato di sottrarre la pistola ad uno degli agenti della polizia penitenziaria, che ha avuto la prontezza di bloccarlo. Tutti i presenti sono usciti e le forze dell'ordine sono riuscite dopo una decina di minuti a riportare la calma. Il processo con rito abbreviato è poi ripreso ma in un'altra aula, e si è concluso con la condanna di Olivieri.
Un uomo che ha evidenti problemi psichiatrici ed era stato appena trasferito d'urgenza al carcere di Barcellona Pozzo di Gotto dalla Casa Circondariale di Cosenza. «A disporre il suo trasferimento d'urgenza – fa sapere Emilio Quintieri, già Consigliere Nazionale dei Radicali Italiani e candidato Garante Regionale dei diritti dei detenuti della Regione Calabria - è stato l'Ufficio Servizi Sanitari della Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. Per la traduzione a Barcellona Pozzo di Gotto, in considerazione della sua pericolosità sociale, la Dgdt del Dap aveva disposto rigorosissime misure di sicurezza ed il Nucleo traduzioni della Polizia penitenziaria di Cosenza ha dovuto intensificare la scorta per evitare ulteriori aggressioni al personale, visto che il traducente in tutti gli Istituti in cui è stato ristretto ( Catanzaro, Castrovillari e Cosenza) si è reso responsabile di numerosi atti di violenza ai danni degli Operatori Penitenziari».
Il problema che emerge, ancora una volta, è la gestione dei detenuti con gravi problemi psichiatrici, dove gli agenti penitenziari ne subiscono quotidianamente le criticità.
Per la gestione di questi tipo di detenuti servirebbe investire in formazione del personale per conoscere gli elementi basilari delle modalità gestionali, per comprendere i comportamenti e le loro diverse forme di patologie psichiatriche. Situazione che compromette anche la tranquillità degli altri detenuti e la sicurezza delle strutture.