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«Sa il mio carattere, sa che non parlo». Giuseppe Graviano nel carcere di Ascoli Piceno parla eccome: lo fa con il camorrista Umberto Adinolfi. Si riferisce a «Berlusca». Avrebbe un mare di cose da dire anche ai pm. La tentazione c’è: «Al signor crasto», cioè al cornuto, «gli faccio passare la mala vecchiaia». Ma è un uomo d’onore e in realtà non racconterà nulla. Tranne che a lui, ovviamente, al “compagno d’ora d’aria” del 41 bis. A lui - e solo a lui perché, come dice il pm Nino di Matteo, mica Graviano immagina di essere intercettato - rivela che Berlusconi gli chiese «una cortesia», voleva si facesse in Sicilia «una bella cosa». Il boss di Brancaccio è dunque l’asso pescato dalla Procura di Palermo al processo Stato- mafia. Di Matteo, Vittorio Teresi e Roberto Tartaglia ieri hanno depositato qualcosa come 5.000 pagine di nuove intercettazioni. E interpretano quelle parole sussurrate da Graviano ad Adinolfi come l’invito del Cavaliere a compiere «un gesto forte» che potesse «sovvertire l’ordine del Paese».
Nelle confessioni del mafioso c’è di tutto. Conferme delle tesi sulla “trattativa”, commiserazione per Marcello Dell’Utri condannato «per aver tolto brutte leggi». Il racconto di un figlio concepito con la moglie in cella.
Ma c’è, più di ogni altra cosa, veleno per l’ex presidente del Consiglio che, dopo la prima vittoria elettorale del ’ 94, si sarebbe «ubriacato» e avrebbe «fatto il traditore». Ha preso le distanze, dice il boss.
Nel fiume di parole intercettate a Graviano c’è il colpo di scena che, dal punto di vista dell’accusa, dovrebbe ridare senso a un processo altrimenti aridissimo. Nel primo pomeriggio l’onda d’urto delle intercettazioni si abbatte sui media. Ma arriva anche la replica del legale di Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini: «Da migliaia di pagine di intercettazioni ambientali vengono enucleate poche parole decontestualizzate che si riferirebbero asseritamente a Berlusconi». Una lettura degli atti, osserva il difensore, «destituita di ogni fondamento», giacché «il presidente Berlusconi» non ha mai avuto «alcun contatto né diretto né indiretto con il signor Graviano». Ghedini aggiunge: «Che il Presidente Berlusconi sia totalmente estraneo a fatti consimili è stato già ampiamente dimostrato in più sedi giudiziarie». Fino al rilievo, obiettivamente inevitabile, della concomitanza di queste «nuove prove», come le definiscono i pm di Palermo, con un momento politico cruciale: «È doveroso osservare come ogni qual volta il presidente Berlusconi sia particolarmente impegnato in momenti delicati della vita politica, e ancor più nell’imminenza di scadenze elettorali, appaiano nei suoi confronti notizie infamanti che a distanza di tempo si rivelano puntualmente infondate e inesistenti ma nel frattempo raggiungono lo scopo», ricorda Ghedini.
Graviano è stato intercettato per più di un anno, da febbraio 2016 ad aprile 2017. Lo scorso 28 marzo gli inquirenti contestano s Graviano il reato di “minaccia a corpo politico dello Stato”, in pratica gli ultimatum che avrebbe recapitato ai governi di allora ( Amato e Ciampi) nell’ambito della “trattativa”. Nell’interrogatorio in cui apprende di essere indagato ( sconta già vari ergastoli), il boss chiede ai pm «se per gentilezza vogliono intervenire», visto che il reparto di Ascoli in cui è recluso al 41 bis «non è adibito a ospitare esseri umani, non c’è luce né aria e mi fanno ogni cattiveria». Condizioni che lo hanno fatto ammalare: «E per parlare, voglio pure parlare, ma devo essere in condizioni di farlo». In pratica chiede ai pm di alleggerire il regime detentivo, poi magari confermerebbe davanti alla corte presieduta da Alfredo Montalto quanto detto ad Adinolfi. La Procura, intanto, ha formalmente chiesto che sia sentito in dibattimento.
Secondo la chiave con cui la Procura legge le intercettazioni, Berlusconi avrebbe addirittura commissionato le stragi per far fuiori la vecchia classe dirigente. È il delirio delle parole di Graviano, che non dovrebbe sapere delle cimici eppure ogni tanto fa la mossa di abbassare la voce. «Berlusca mi ha chiesto questa cortesia, per questo è stata l’urgenza di... ero convinto che Berlusconi vinceva le elezioni in Sicilia». E ancora: «Nel ’ 92 già voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ‘ ci vorrebbe una bella cosa’». Il boss di Brancaccio espone la sua analisi al camorrista Adinolfi: «Questo ha iniziato... con il piede giusto... ha avuto non dico niente, fortuna... nel ’ 94 lui è ubriacato, dice ‘ ma io non posso dividere quello che ho con chi mi ha aiutato’... e ha fatto il traditore». Lamentazione finale: «Trent’anni fa mi son seduto con te... ti ho portato benessere, 24 anni fa mi è successa una disgrazia, mi arrestano, tu cominci a pugnalarmi, Umbè per cosa? Ho la famiglia distrutta e senza soldi... alle buttane glieli dà i soldi ogni mese... io non ho fatto niente, io ti ho aspettato fino adesso perchè ho 54 anni, mi stai facendo morire in galera». Ultimo veleno sulla coda: «Ma vagli a dire come sei al governo, che hai fatto cose vergognose, ingiuste...». Detto da un mafioso fa impressione.
Il resto passa in secondo piano. Compreso il riferimento alle stragi: «Avevamu acchiappatu u paisi nne’ manu, nel ’ 93 iddi dicunu che le fece la mafia, ma non era la mafia...». Eppure «allora il governo decise di allentare il 41 bis, poi hanno levato pure i 450...». Si riferisce alla revoca del 41 bis per oltre 300 mafiosi decisa dall’allora guardasigilli Giovanni Conso. Graviano discetta ancora del «colpo di Stato», cioè gli attentati del 27 luglio ’ 93, di Ciampi che aveva deciso «di non resistere». Sempre ieri i pm hanno chiesto al Tribunale di acquisire alcune dichiarazioni rese da Riina nel carcere di Parma. «È lucido», assicura di Matteo. Con Graviano, un altro teste di ferro si avanza.