PHOTO
«Oltre ad essere cardiopatico, aveva il diabete ed era stato colpito da un aneurisma celebrale», così spiega al Dubbio il Garante regionale del Lazio dei detenuti Stefano Anastasìa la morte del detenuto 62enne romano, morto sabato mattina nel carcere di Velletri. Emergono dunque nuovi particolari sulla morte dell’uomo gravemente malato, tanto da muoversi con la sedia a rotelle. Dunque, non era solo cardiopatico, ma colpito da altre gravi patologie. Tant’è vero che prima era ristretto nel centro clinico del carcere di Regina Coeli. «Poi – spiega il garante Anastasìa – è stato inspiegabilmente trasferito al carcere di Velletri». Gli stessi del carcere velletrano – tramite la direzione dell’istituto – hanno chiesto il trasferimento del detenuto presso strutture adeguate. «Lo hanno chiesto ben due volte – aggiunge il garante regionale -, perché non ritenevano che la struttura fosse adatta per monitorare il suo stato di salute visto le patologie che aveva».
Nel frattempo il detenuto aveva fatto istanza per chiedere la detenzione domiciliare per motivi di salute. «L’istanza era in corso di valutazione – spiega sempre Anastasìa -, perché recentemente era stato visitato da un perito del tribunale». Purtroppo i tempi burocratici non tengono conto delle necessità. Il detenuto, 63enne, nel frattempo, ha smesso di respirare sabato mattina. Ad accorgersi del fatto è stato il suo compagno di cella che dopo aver ten- tato varie volte di chiamarlo senza ricevere risposta e non sentendolo più respirare ha dato l’allerta. Grazie al tempestivo intervento dell’agente di sezione, si è subito recato sul posto il personale sanitario che ha immediatamente attivato tutte le procedure di emergenza e tentato di rianimare il detenuto, ma purtroppo i tentativi di salvataggio si sono rivelati inutili, il detenuto è stato giudicato dal personale sanitario deceduto.
Eppure, questa storia del trasferimento inspiegabile, non è una novità. L’anno scorso c’era stato un caso che è salito all’onor di cronaca e riguardava proprio il trasferimento da Regina Colei a quello di Velletri. Parliamo del suicidio di Marco Prato, il 31enne, accusato insieme a Manuel Foffo dell’omicidio di Luca Varamedici ni. Il ragazzo aveva già tentato il suicidio nel 2011, dopo essere rientrato a Roma da Parigi, e una seconda volta due mesi dopo, e ancora poche ore dopo l’orribile omicidio di Luca Varani. Prato, dunque, era un soggetto che necessitava di una attenzione particolare ma nonostante questo era stato trasferito, contro la sua volontà, dal carcere di Regina Coeli dove c’era una struttura adeguata per la sua situazione, al carcere laziale di Velletri che non ha una articolazione psichiatrica atta a fronteggiare simili casi problematici, come aveva denunciato il Garante delle persone private della libertà, Mauro Palma. Con l’ennesimo caso di morte che probabilmente poteva essere evitata, si accende nuovamente il faro sulla criticità dell’assistenza sanitaria e psichica nelle carceri.