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emergenza
Dal gennaio 2021 è sottoposto a trattamento chemioterapico da effettuarsi ogni 28 giorni previ esami del sangue. Ma Enrico Fumia, attualmente detenuto presso l'istituto penitenziario di Secondigliano, fino ad oggi la somministrazione della chemioterapia sarebbe avvenuta con ritardo e senza che vengano effettuati le dovute analisi. Non solo, dalla denuncia che ha depositato presso la Procura, si evince che anche le visite di controllo programmate presso l'ospedale Cardarelli non sarebbero state effettuate. C'è anche una perizia medico legale che attesta l'incompatibilità con la detenzione: nonostante ciò, il tribunale di sorveglianza ha rigettato l'istanza di sostituzione della misura detentiva con quella domiciliare riservandosi però di delegare la direzione penitenziaria, di concerto con il Dap, a individuare una “sistemazione consona con lo stato di salute”. Ma anche questa, ad oggi, stenterebbe a concretizzarsi.A farlo presente alle autorità, a partire dal ministero della Giustizia, è l'Associazione Yairaiha Onlus. «Ci chiediamo – si legge nella missiva a firma della presidente dell’associazione Sandra Berardi -, e Vi chiediamo, quale altra sistemazione consona può esserci per un soggetto con patologie così gravi se non una struttura clinico-ospedaliera? Crediamo che ricordare a lor signori gli articoli costituzionali e di legge posti a tutela della salute di tutti i cittadini, detenuti compresi, sia oltremodo superfluo; pertanto auspichiamo che la situazione del sig. Fumia possa essere risolta in maniera consona alle gravissime condizioni di salute in cui versa prima che sia troppo tardi». Il quadro clinico del detenuto, è molto preoccupante. Dal referto si evince che è affetto da tumore neuroendocrino del pancreas localmente avanzato con metastasi, distrofia bollosa degli apici polmonari, microangiopatia trombotica neoplasia – correlata, lieve rigurgito mitralico, ectasia radice aortica e del tratto ascendente. Per quanto riguarda il cancro non operabile, sono fondamentali le tempestività delle diagnosi e delle terapie. «Che cosa deve accadere? – si legge nell’esposto del detenuto – La prognosi è già nefasta, così rischio di morire in tempo brevissimi a causa della inadempienza, della noncuranza di tutti qui diritti fondamentali quali salute, e diritto di essere curati secondo le più idonee terapie e trattamenti». Com’è detto, il magistrato di sorveglianza gli ha rigettato l’istanza per la detenzione domiciliare. «Nel rigetto – scrive il detenuto nell’esposto – si legge che è sempre presente un medico. Ma la presenza del medico non significa assistenza idonea necessaria per questo tipo di patologia». Per il detenuto, giustamente ci vuole l’assistenza da parte degli specialisti come l’oncologo. Il magistrato di sorveglianza, nel rigetto, ha indicato che è compito del Dap collocare il recluso in centri diagnostici operativi adeguati e idonei alla cura e terapia del caso concreto. «Nel caso di specie – denuncia però il detenuto – al momento non appaiono esistere condizioni che indichino simili interventi». Conclude amaramente che al carcere di Secondigliano non stanno tutelando la sua salute.