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«Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Nell’idea dei Padri Costituenti la Legge Penale aveva, tra i suoi scopi, anche e soprattutto quello di rieducativo al fine di consentire al soggetto interessato di reinserirsi nel tessuto sociale. Dal dettato dell’art. 27 Cost. emerge con impeto il ruolo che la Legge Penale svolge nell’Ordinamento: un ruolo che si è affievolito a causa delle traversie politiche allorquando la Giustizia Penale diviene mera questione di Partito.
Anche le leggi di depenalizzazione sono cadute nello snaturare l’extrema ratio del Sistema penale, destituendolo anche di forza deterrente. Non solo, si è assistito negli anni ad un progressivo slittamento dell’asse delle garanzie, tipicamente penali, anche in altri ambiti quali quello amministrativo, reso forse necessario dal progressivo appiattimento delle differenze proprie dei differenti sistemi sanzionatori, amministrativo da un lato e penale dall’altro. Siffatto appiattimento di differenze comporta che, ad oggi, parlare di “depenalizzazione” significa “travaso” di fattispecie tra i due sistemi. Attenzione: con ciò non si vuole dire che l’Ordinamento Giudiziario sia giunto al punto in cui tra procedimento penale e amministrativo non vi sia più alcuna differenza; significa invece andare a puntellare le differenze formali e sotto il versante sostanziale eliminare la norma e rendere il fatto del tutto lecito.
Si è soliti pensare alla depenalizzazione come strumento di alleggerimento del carico di lavoro degli uffici giudiziari, non rendendosi conto che quanto si ottiene è solo postergare il problema, dal settore penale, a quello amministrativo, ovvero civile. Pertanto, più che per un alleggerimento del carico di lavoro, gravante sul settore penale – la quale dovrebbe essere perseguita, in primis, tramite l’assunzione di nuovo organico, come già lo stesso scrivente faceva presente in queste pagine – la depenalizzazione si rende necessaria anche per altri, attuali, principi. In prima linea v’è il problema dei cd. reati “minori”, contravvenzionali, che, di fatto, risultano sotto la Legge penale solo nella forma, ma non già nella sostanza e risultano del tutto incompatibili con gli scopi primari del diritto sostanziale. Si pensi alle numerose contravvenzioni del Testo Unico di Pubblica Sicurezza (TULPS), la maggior parte delle quali potrebbero ben essere semplicemente sanzionati in via amministrativa tramite l’irrogazione di una pena pecuniaria, la cui misura potrebbe essere agevolmente adeguata alla gravità del fatto, soddisfacendo ugualmente le dovute esigenze repressive.
A tal proposito, per molti reati, si passi il termine, “minori” la forza deterrente, scaturente da una sanzione pecuniaria di natura amministrativa, risulterebbe di per sé sufficiente a dissuadere eventuali soggetti da porre in essere condotte contra legem, oltre alla considerazione che per simili reati è del tutto superfluo accostare quelle che sono le garanzie tipiche del sistema penale ( e pertanto i costi statali che ne conseguono); altrettanto superfluo ed eccessivo è pretendere che tramite la punizione di quelle fattispecie di minore entità si perseguano i più alti obiettivi repressivi. Ma la depenalizzazione non è certamente l’unica strada percorribile in ordine ad uno “sfoltimento” della Legge penale, nonché perseguimento dei già suesposti obiettivi.
A parere dello scrivente, nell’attesa che la materia penale riacquisti quel suo ruolo di extrema ratio, un allargamento delle maglie dell’art. 131- bis del C. P. potrebbe costituire un valido strumento per consentire alle Procure, appesantite dal vetusto obbligo dell’esercizio dell’azione penale, di smaltire ancor prima della fase dibattimentale tutti quei fatti sui quali la pretesa punitiva statale appare del tutto superflua, se non nociva, per l’indagato stesso. Sempre allo scopo di alleggerire il carico di lavoro gravante sugli Uffici giudiziari, è necessario intraprendere un dibattito e riflessione profonda sull’introduzione di sistema deflattivi, come l’oblazione, non solo nella fase procedimentale antecedente al dibattimento, ma anche nei successivi gradi di giudizio, come accade con patteggiamento o concordato in appello.
D’altro canto appare corretta la strada intrapresa dal Legislatore in ordine alla responsabilità degli Enti: grazie all’introduzione del sistema punitivo per quote. E se fosse proprio una Giustizia preventiva il futuro del Sistema Penale italiano? Forse il meccanismo delle quote ( in via esclusivamente pecuniaria) potrebbe essere la corretta via per una semi- depenalizzazione. Non ci si può infatti illudere che tramite la semplice riscrittura dei Codici di rito si possa fare fronte ad anni di tagli alla Spesa Pubblica che hanno lasciato il Sistema giudiziario in grave difficoltà ed hanno ridotto talune fasi, quale l’udienza preliminare, a mera cenerentola del processo penale.