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Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto ieri la richiesta di scarcerazione per motivi di salute avanzata dai difensori di Marcello Dell’Utri, condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, e attualmente detenuto nel carcere romano di Rebibbia. Secondo il magistrato estensore del provvedimento, la dottoressa Marcella Trovato, sono essenzialmente due le motivazioni per le quali l’ex senatore di Forza Italia deve restare in carcere: la prima di carattere sanitario per cui, come si legge nelle motivazioni, “il quadro clinico è serio e necessita di costante e specialistico monitoraggio, ma è stabile, compensato e non si sono evidenziati aggravamenti sintomatici di concreti pericoli di gravi eventi”. La seconda motivazione alla base del rigetto riguarda invece “ragioni di sicurezza pubblica”.
Secondo il magistrato, infatti, “la posizione giuridica di Dell’Utri non è in alcun modo rassicurante: la sentenza in esecuzione ha accertato i suoi rapporti con gli organi di vertice di Cosa Nostra, […] presso il tribunale di Palermo si sta concludendo il processo in cui è imputato per il reato di violenza a corpo politico, […] allarmante appare la pregressa latitanza in Libano”; dunque non si può escludere il pericolo di fuga. Dato tale quadro “si chiede espressamente al Dap di prendere in considerazione il trasferimento, in ragione della tutela della salute e nel rispetto dell’art. 32 della Costituzione”, presso un Istituto dotato di reparto di assistenza sanitaria intensificata in carcere. L’alternativa è quella di fare radioterapia presso unità ospedaliere protette.
Tutte ipotesi scartate da Dell’Utri e dal suo collegio di difesa perché ritenute sfavorevoli al suo attuale quadro clinico. I legali dell’ex parlamentare di Forza Italia - Simona Filippi e Alessandro De Federicis - avevano invece presentato istanza di scarcerazione per il compromesso quadro clinico del 76enne affetto da una grave cardiopatia, da diabete e da un tumore alla prostata diagnosticato a luglio, dopo quella respinta ail 7 dicembre. Secondo l’avvocato Simona Filippi, che annuncia altri ricorsi fino in Cassazione, «in questa ordinanza non c’è concretezza, si prospettano soluzioni già superate in udienza con i pareri di diversi medici e del Garante nazionale dei detenuti; probabilmente si sta violando l’art. 3 della Cedu ( ndr. quello per cui “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”). In questo caso, con questa decisione affatto serena, si sta cercando qualsiasi genere di soluzione pur di non dare seguito a quella più semplice, più chiara e lineare da noi richiesta, ossia sospendere la pena per tre mesi per far curare Dell’Utri in ospedale. È inaccettabile e vergognoso che in questo Paese poi si arrivi a pensare che una persona in queste condizioni possa fuggire”.
Non sono mancate reazioni dal mondo politico; Rita Bernardini, esponente del Partito Radicale sempre accanto alla famiglia Dell’Utri in questa battaglia, ha commentato: «Sicura- mente non viene assicurato il diritto alla salute del detenuto e mi pare che si tengano ben poco in considerazione i rilievi proprio fatti dalla direzione sanitaria del carcere e dal Garante Mauro Palma. Sembra quasi che il quadro clinico di Dell’Utri non sia stato analizzato nel suo insieme ma parcellizzato. Se si verificherà un precipitare della situazione non sappiamo il Tribunale di Sorveglianza a chi vorrà attribuire la responsabilità, al fato? E voglio ribadire che abbiamo avuto la possibilità di analizzare questa vicenda nel dettaglio ma non abbiamo contezza di tutti gli altri tantissimi casi di trascuratezza delle nostri carceri». Per Fabrizio Cicchitto, deputato di Civica popolare, «ci troviamo di fronte al rovesciamento del dettato costituzionale, non solo per ciò che riguarda il riscatto individuale del detenuto, ma per ciò che riguarda il diritto alla salute e il rifiuto della pena di morte. Riteniamo che il sistema di garanzie debba valere per tutti nello stesso modo e che quindi questa decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma sia da inscrivere in una storia della colonna infame». Secondo Luca Squeri di Forza Italia “se Dell’Utri si fosse chiamato Mario Rossi sarebbe già fuori». «La giustizia non ha bisogno di infierire ulteriormente su una persona anziana e ammalata di tumore – ha dichiarato invece Maurizio Lupi, coordinatore nazionale di Noi con l’Italia-Udc - e chi ha la responsabilità di amministrarla, oltre al rispetto della legge, dovrebbe considerare quel senso di umanità che è fondamento del nostro vivere sociale». Si tratta invece di “una brutta notizia, triste” per la senatrice uscente Pd Monica Cirinnà perché «il livello di umanità va sempre preservato e anche garantito davanti a tutti i condannati. Se un uomo sta male, sta male». Pur precisando di rispettare la decisione del Tribunale di Sorveglianza, conclude: «Ma non bisogna farne una questione politica; un conto è chi ha il 41bis, un conto è chi non ha restrizioni così gravi. Bisogna valutare bene le sue condizioni di salute».