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Niente sconti di pena per Marcello Dell’Utri. La Cassazione ha stabilito che non ne ha diritto. Perché il reato per il quale è stato condannato (” concorso esterno in associazione mafiosa”) rientra nei reati ostativi per i quali sono esclusi benefici. Ora l’ex senatore è in attesa di altre due decisioni. Quella del Tribunale di sorveglianza di Roma che dovrà decidere sulla possibilità di detenzione domiciliare per ragioni di salute e quella della Corte Europea che dovrà decidere sull’applicazione del “Lodo Contrada” ( il concorso esterno è un reato che prima del 1994 non esisteva e dunque la condanna di Dell’Utri è illegittima).
Nessuno sconto speciale della pena a Marcello Dell’Utri. Ieri la Cassazione ha definitivamente chiuso la possibilità di fargli ottenere il beneficio della liberazione anticipata speciale. La suprema corte ha confermato il “no” alla scarcerazione anticipata deciso dal tribunale di sorveglianza di Bologna, quando Dell’Utri era ancora recluso nel carcere di Parma. I legali di Dell’Utri avevano fatto richiesta della liberazione speciale anticipata quando era stata inserita nel cosiddetto “decreto svuotacarceri” varato nel 2013 per far fronte al sovraffollamento carcerario. Com’è noto, l’art. 4 del decreto estendeva i benefici della liberazione anticipata speciale ( aumento, da 45 a 75 giorni per ogni semestre di pena scontata) anche ai condannati per reati ostativi ( nei quali rientra l’ex senatore) sia per il futuro ( per un periodo di due anni) che per il passato ( «a decorrere dal 1° gennaio 2010», recitava l’articolo del decreto legge), a condizione che avessero «dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità». Nel frattempo, nel 2014, il decreto è stato poi convertito in legge escludendo però la liberazione anticipata speciale ai condannati per reati ostativi. Ecco perché il tribunale di sorveglianza aveva rigettato l’istanza di liberazione anticipata presentata dai legali di Dell’Utri sotto la vigenza del decreto svuotacarceri.
«In sostanza – spiega a Il Dubbio l’avvocato difensore Adelmo Bartolini - la disposizione dell’art 4 del decreto legge, eliminata in sede di conversione in legge, non può più quindi applicarsi». La Cassazione non fa altro che confermare tutto questo, ricordando che il concorso esterno in associazione mafiosa – reato per il quale è stato condannato Dell’Utri - è escluso dall’ottenimento di sconti di pena. La suprema corte ha anche sottolineato come i magistrati di sorveglianza hanno ricordato “correttamente” che «la fattispecie di concorso esterno in associazione di tipo mafioso non costituisce un istituto di creazione giurisprudenziale bensì è conseguenza della generale funzione incriminatrice dell’art. 110 c. p., che trova applicazione al predetto reato associativo qualora un soggetto, pur non stabilmente inserito nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisce alla stessa un contributo volontario, consapevole, concreto e specifico, che si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione». Ricordiamo che non esiste nel diritto penale italiano una norma che prevede il concorso esterno in associazione di tipo mafioso: il reato si ricava dal combinato disposto dell’art. 110 e 416- bis del codice penale. Un reato che la Corte europea dei diritti umani, esprimendosi sul caso dell’ex numero 2 del Sisde Bruno Contrada, ha considerato inesistente prima del 1994, anno della sua creazione giurisprudenziale. Quindi, secondo i giudici europei, il reato non può essere retroattivo. Ed è proprio su questa sentenza europea che si giocherà la partita su Dell’Utri: al fondatore di Forza Italia vengono contestati fatti precedenti al ‘ 94.
Inoltre resta in sospeso la decisione del Tribunale di sorveglianza di Roma sull’istanza di ammissione alla detenzione domiciliare per motivi di salute, presentata un anno fa. L’udienza era stata fissata per la fine della settimana scorsa, ma per un ritardo nel deposito della perizia è stato concordato, sia dalla procura che dalla difesa dell’ex senatore, un rinvio e il giudice dovrebbe decidere non prima del 5 dicembre.