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Sospesa, congelata, immobile, silente. Gli aggettivi utilizzati per descrivere la Giustizia sono ormai da settimane sempre gli stessi e rappresentano la diapositiva dello stallo che spinge gli avvocati a proteste sempre più veementi. Dai flash mob alle denunce, passando per le richieste di riforma, in una protesta corale da parte dell’avvocatura che attraversa tutto lo Stivale. Con gesti eclatanti, talvolta, e dossier costanti dall’interno dei Palazzi di giustizia. Vuoti, per lo più, con udienze rinviate anche di un anno, mentre fuori dai palazzi aumentano le code, le polemiche e i disservizi. A denunciarlo, in questo caso, è l’Organismo congressuale forense, ma la protesta accomuna tutti.
I flash mob
I primi a pensarci sono stati i penalisti di Roma, che hanno riconsegnato le toghe al presidente dell’ordine, a piazzale Clodio. Ma ora la protesta si allarga e diventa trasversale, scavalcando le appartenenze ordinistiche, per diventare, semplicemente, la protesta degli avvocati. L’evento, che andrà in scena venerdì in contemporanea in tutta l’Italia e che a Roma si svolgerà dinanzi la Corte di Cassazione, vedrà gli avvocati deporre simbolicamente i codici davanti ai rispettivi Palazzi di Giustizia. La richiesta è quella di contribuire all’adozione di interventi urgenti per far ripartire la giustizia, proponendo, come già fatto dal Consiglio nazionale forense, «l’uniformazione nazionale dei protocolli giudiziari, nel rispetto di poche e motivate esigenze particolari» e invocando lo sblocco dell’attuale paralisi del sistema giudiziario, attraverso, tra l’altro, l’avvio immediato dell’attività delle cancellerie, delle attività di udienza e il recupero del tempo della sospensione straordinaria, se necessario con estensione pomeridiana degli orari di udienza. «Restano calpestati i diritti costituzionali dei cittadini alla difesa e al giusto processo - si legge nella nota degli organizzatori -. Gli avvocati non vogliono essere complici di questo scempio».
La consapevolezza di base è che i mesi di stop andranno ad incidere sul sistema Giustizia, che non è stato in grado di approfittare della sospensione per smaltire l’enorme arretrato. «Per noi avvocati e per i nostri assistiti, gli Italiani, la fase 2 non ripartirà - si legge ancora -. La cosiddetta riapertura degli uffici giudiziari è avvenuta nel caos più totale, con 200 protocolli diversi sul territorio nazionale (18 soltanto nel Tribunale di Roma), lasciando ampia discrezionalità ai dirigenti degli uffici e senza regole uniformi a tutela dei cittadini».
Le richieste degli ordini
Dal distretto di Napoli viene avanzata la richiesta di una normativa di portata generale che disciplini in maniera organica la ripresa dell’attività giudiziaria su tutto il territorio nazionale. Ma anche un appello al presidente della Regione, per riconsiderare le condizioni igienico sanitarie dei Tribunali del distretto di Corte di Appello di Napoli e ai capi degli Uffici Giudiziari, affinché modifichino disposizioni considerate troppo rigorose rispetto alla Fase 2. «Due mesi di sosta forzata, infatti, hanno seriamente messo a dura prova la capacità di resistenza professionale ed economica dell’intera categoria - si legge in una nota -, in particolar modo degli avvocati più giovani». Da Lamezia Terme, invece, arriva l'appello a Cnf e Ocf ad intraprendere «ogni opportuna azione nei confronti di Governo e ministero della Giustizia», affinché venga assunto «immediatamente e senza altro indugio ogni opportuno provvedimento per la piena ripresa dell’attività giudiziaria e di ogni attività ad essa strumentale e connessa, adottando altresì ogni opportuna precauzione sanitaria». Gli avvocati lametini lamentano la mancata ripartenza della Giustizia, un’eccezione rispetto agli altri settori della società, compromettendo, così, «la tutela dei diritti». Il tutto mentre i personale amministrativo giudiziario risulta «paralizzato e inchiodato da circolari e direttive ministeriali che impongono formule di lavoro agile, incoerenti e ipocrite, che in realtà non consentono l’espletamento di alcuna attività utile». A Tivoli, inoltre, dove la crisi è resa ancora più grave dalla più volte denunciata carenza della pianta organica di magistrati e personale amministrativo, gli avvocati chiedono «un intervento legislativo organico che dia impulso al processo telematico», ma anche una riforma «del codice di procedura civile nel senso di una semplificazione dei riti e razionalizzazione dei tempi del processo» e del codice di procedura penale, «nel senso di velocizzare i tempi del processo». Insomma, una revisione del “sistema giustizia" italiano «che consenta l’apertura di una nuova stagione caratterizzata da efficienza e modernità e dove la qualità delle decisioni sia un “faro” rispetto alle statistiche e a presunti standard di efficienza».