PHOTO
Antonio de Notaristefani, presidente della Unione nazionale Camere Civili
«In ultima analisi si rischia di trasformare la giustizia in un privilegio per ricchi». Dell’incontro avuto giovedì a via Arenula col guardsigilli Alfonso Bonafede, Antonio De Notaristefani parla con pacatezza e anzi apprezzamento per «alcuni aspetti interessanti, come il trasferimento di parte dell’istruttoria in sede pre- giudiziale». Ma il nuovo presidente dell’Unione nazionale Camere civili riflette anche su quello che rischia di essere «il portato oggettivo della ipotesi di riforma prospettata dal signor ministro. Una conseguenza legata alle scelte tecniche anche se non voluta».
Proviamo a dirlo subito: la riforma è pensata per disincentivare il ricorso al giudice e accelerare così la macchina?
No, ripeto, non vedo una premeditazione rispetto alle peraltro oggettivamente plausibili conseguenze di carattere economico. Ma appunto tali effetti sarebbero dietro l’angolo. Mi spiego. Subito dopo, però, aver fatto una premessa: il guardasigilli ha manifestato notevole disponibiltà al confronto. Rispetto alla possibilità di riconsiderare alcuni aspetti del complesso progetto normativo che mi ha illustrato, va anche tenuto conto che si intende procedere a ritmi particolarmente serrati. Tanto che sentirei di escludere l’ipotesi di una legge delega, dall’iter sicuramente più articolato, mentre non mi sorprenderei se si intervenisse con decretazione d’urgenza o con emendamenti inseriti in un altro provvedimento.
Il che costringe anche l’avvocatura a tempi record per elaborare i propri contributi.
D’altra parte sarà necessario offrir- li, perché nel merito, come detto, si rischia di allungare i tempi e appesantire la macchina del processo civile. No solo: c’è appunto anche il pericolo di allontanare di fatto l’accesso alla giustizia per i cittadini meno abbienti. Due eventualità legate alla scelta di obbligare le parti a richiamare ogni possibile contestazione nell’atto introduttivo.
E perché questo appesantirebbe anziché snellire?
Semplice. L’attore, la parte che propone la causa, sarà indotto a inserire nell’atto introduttivo ogni possibile contestazione: al momento sono previste preclusioni e decadenze che possono andare bene per il rito del lavoro, ma non per il resto del contenzioso civile. Ora, con tale previsione, il convenuto, cioè chi è chiamato in giudizio, sarà indotto a contestare fatti che sono veri proprio perché confida nell’impossibilità, per chi gli ha fatto causa, di articolare in un secondo momento le richieste istruttorie.
E questo è un problema solo per motivi di lealtà dei comportamenti o anche per altro?
I comportamenti sleali, in quanto tali, non sono certo una eventualità auspicabile. Ma soprattutto renderanno più pesante e farraginosa la questione per il giudice. Il quale si troverà da una parte un attore che cerca di inserire ogni possibile contestazione subito e dall’altra il convenuto che appunto contesterà anche fatti veri per il semplice motivo che la controparte, nell’unico ‘ colpo’ lasciatogli a disposizione, non è riuscita a provarli. E questo, evidentemente si abbatterà sul cittadino in termini di costi.
Ci spieghi perché.
Semplice e ineluttabile anche questo. Un conto è la situazione in cui si trova oggi un avvocato civilista, che sa di poter integrare l’atto di citazione in seguito e diluisce dunque nel tempo anche gli onorari. Se invece il difensore sa che dovrà condurre tutte le istruttorie possibili all’inizio, dovrà chiedere di fatto immediatamente l’intero onorario al cliente. Il quale, e qui veniamo al nodo segnalato all’inizio, ci potrà stare solo se è benestante. Ecco perché così la giustizia rischierebbe di diventare un privilegio per ricchi. Oltretutto, non troverà irragionevole un’altra considerazione: un atto iniziale in cui si concentra tutto è un atto di una tale complessità che può essere ben redatto solo dagli avvocati più bravi, i quali inevitabilmente costano di più.
Cos’altro non va nella bozza?
L’Unione che presiedo dovrà studiare il materiale assai articolato che ci è stato sottoposto, prima di esprimersi in via definitiva. Ma certo, noi avevamo posto due questioni preliminari: una è quella appena descritta relativa a preclusioni e decadenze, l’altra riguarda la trasformazione del processo civile da un processo di parti a un modello sostanzialmente inquisitorio, dunque in capo al giudice. Se quanto ipotizzato risponde all’ambizione di semplificare per accelerare i tempi, io credo che il caso concreto non faccia altro se non confermare una mia radicata convinzione: gli interventi sulle procedure non possono mai ridurre i tempi in maniera significativa.