Mentre il mondo è sempre più connesso, le carceri italiane restano isolate. In un'epoca in cui la comunicazione digitale e il mantenimento dell'affettività nella maggior parte dei Paesi del mondo è diventata la norma, il sistema carcerario nostrano sembra essere rimasto indietro di decenni. Questa è la conclusione che emerge dall'analisi della recente risposta del Ministro della Giustizia Carlo Nordio all'interrogazione parlamentare presentata ad aprile dal deputato di Italia Viva Roberto Giachetti sulle telefonate e l'uso delle email nelle carceri italiane.

La risposta, arrivata il 20 settembre, a più di cinque mesi di distanza dalla presentazione dell'interrogazione, offre uno spaccato preoccupante sulla situazione delle comunicazioni tra i detenuti e i loro familiari. Nonostante le modifiche apportate dal decreto “carcere sicuro” dello scorso agosto, la situazione rimane largamente insoddisfacente. Analizzando nel dettaglio la risposta ministeriale, emergono diversi punti critici. Innanzitutto, il Ministro Nordio conferma l'incremento delle telefonate da quattro a sei al mese per i detenuti in media sicurezza, ciascuna della durata di dieci minuti. Questa modifica, introdotta con la legge 8 agosto 2024, n. 112, di conversione del decreto- legge 4 luglio 2024, n. 92, equipara la disciplina delle telefonate a quella dei colloqui visivi.

Sebbene sia prevista la possibilità per i direttori degli istituti di concedere chiamate aggiuntive in casi particolari, come la presenza di figli minori o familiari gravemente malati, questa rimane una facoltà discrezionale e non un diritto acquisito. Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino, mette in luce il netto divario tra l'Italia e il resto d'Europa: «In Romania, un detenuto ha a disposizione un'ora e mezza di telefonate al giorno. Noi ci consoliamo con l'articolo 28 dell'Ordinamento penitenziario che parla di ' particolare cura' nel mantenere le relazioni familiari, ma la realtà è ben diversa».

Per quanto riguarda le email, il ministro Nordio ammette che il servizio di posta elettronica è stato avviato in via sperimentale in alcuni istituti, principalmente a seguito dell'emergenza COVID- 19. Tuttavia, emerge chiaramente una mancanza di uniformità nell'implementazione di questo servizio. Il Ministro riconosce che, al momento, l'uso delle email è limitato ai detenuti in media sicurezza e AS3, non sottoposti a visto di controllo sulla corrispondenza. Inoltre, il servizio è fornito «dietro corrispettivo» da cooperative ed enti di patronato, il che solleva questioni sull'accessibilità economica per i detenuti. Particolarmente preoccupante è l'ammissione che, dopo decenni dall'introduzione delle email nella società, l'amministrazione penitenziaria non ha ancora definito linee guida generali per regolamentare questo servizio. Questa mancanza di iniziativa crea una disparità di trattamento tra i detenuti, con quelli del Sud Italia particolarmente svantaggiati. Il Ministro parla di «criteri organizzativi» comunicati ai Provveditorati e alle Direzioni interessate, ma – fa notare sempre Bernardini - senza fornire dettagli su questi criteri o su come si intenda garantire un'implementazione uniforme in tutti gli istituti.

La presidente di Nessuno Tocchi Caino solleva domande pertinenti: «Possibile che dopo 35 anni l'Amministrazione non abbia ancora individuato le ' linee di indirizzo generali'? Possibile che anche laddove è consentito inviare e ricevere email costi al detenuto un occhio della testa mentre noi fuori le usiamo praticamente gratis?». Queste discrepanze non solo violano il principio di uguaglianza, ma minano anche gli sforzi di riabilitazione e reinserimento sociale dei detenuti. Il mantenimento dei legami familiari è cruciale per il benessere psicologico dei carcerati e per il loro futuro reinserimento nella società. La risposta del Ministro Nordio, pur riconoscendo l'importanza delle comunicazioni per il benessere psicologico dei detenuti e il mantenimento dei legami familiari, non offre soluzioni concrete per colmare il divario tecnologico e comunicativo tra il sistema carcerario e la società esterna. Certamente, un problema che non ha l'esclusiva responsabilità del governo attuale, ma che viene da lontano.