PHOTO
Tra i punti forti, il voto del Foro nei Consigli giudiziari e l’ingresso di avvocati e professori nell’Ufficio studi del Csm
GIOVANNI MARIA JACOBAZZI
Dopo mesi di discussioni estenuanti, prima in sede “politica” coi vertici tra ministra e partiti, poi anche in commissione, la Camera ha dato dunque ieri il via libera, senza fiducia, alla riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm. Si tratta di un provvedimento, a detta di tutti, frutto di un compromesso nella maggioranza. Ma considerate le diverse sensibilità sul tema, è il massimo che si potesse ottenere.
Vediamo in sintesi i punti principali e le novità maggiormente significative.
Sistema elettorale del Csm. Archiviato il collegio unico nazionale, si tenta di articolare il voto, almeno per la quota dei magistrati giudicanti, su basi territoriali più ristrette, con 4 collegi che eleggeranno 2 togati ciascuno ( con parità di genere). Gli altri 5 consiglieri giudici saranno eletti con recupero proporzionale, per garantire rappresentanza ai gruppi minori. A questi primi 13 togati, si aggiungono i 5 scelti tra i pm e i 2 consiglieri eletti tra i magistrati di legittimità. In tutto i componenti magistrati da eleggere passano dunque da 16 a 20, ai quali si aggiungono non più 8 ma 10 laici, per un totale di 30 consiglieri, Completano il plenum, come sempre, i vertici della Suprema corte.
Nomine. L’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi sarà decisa in base all’ordine cronologico delle scoperture degli uffici, per evitare le famigerate “nomine a pacchetto”, quindi i preventivi accordi tra le varie correnti. Le procedure di selezione saranno improntate alla massima trasparenza, con pubblicazione sul sito del Csm di tutti i dati del procedimento e i curricula degli aspiranti. Diventerà obbligatoria la preventiva audizione del candidato. Una volta deliberato nell’incarico, il neo dirigente dovrà frequentare un apposito corso di formazione. Grande attenzione è riposta nelle capacità organizzative dell’ufficio da parte del magistrato.
Voto del Foro nei Consigli giudiziari.
Nei Consigli giudiziari, i “mini Csm locali”, è introdotta la facoltà per gli avvocati ed i professori universitari che ne fanno parte di partecipare alle discussioni sulle valutazioni di professionalità delle toghe. I soli componenti avvocati potranno anche esprimere un voto, unitario, se c’è stata una preventiva segnalazione ( anche positiva) sul magistrato deliberata da parte del locale Consiglio dell’ordine. Nel caso in cui i rappresentanti del Foro intendano discostarsi dalla segnalazione, sarà necessaria una nuova determinazione del Coa.
“Porte girevoli”. È introdotto il divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi. Il divieto vale per le cariche elettive nazionali e locali e per gli incarichi di governo nazionali, regionali e locali. Viene previsto l’obbligo di collocarsi in aspettativa ( senza assegni in caso di incarichi locali) prima di assumere l’incarico. Attualmente c’è la possibilità di cumulo di indennità con lo stipendio del magistrato.
Non è più possibile essere candidati nella regione in cui è compreso in tutto o in parte l’ufficio giudiziario in cui il magistrato ha prestato servizio negli ultimi tre anni. Terminato il mandato, il magistrato che ha ricoperto una carica elettiva di qualunque tipo non potrà più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale. Verrà collocato fuori ruolo presso il ministero della Giustizia, conservando comunque lo stipendio percepito al momento della candidatura a prescindere dalla funzione che andrà a svolgere. Il magistrato che si è candidato e non è stato eletto, per i tre anni successivi non potrà tornare a lavorare nella regione che ricomprendeva la circoscrizione elettorale, né potrà assumere incarichi direttivi e svolgere le funzioni penali più delicate ( pm e gip/ gup). Se proveniva da un ufficio con competenza nazionale ( ad esempio la Cassazione), non potrà svolgere funzioni giurisdizionali per tre anni.
Ricollocamento al termine di incarichi non elettivi. Particolarmente articolata la disciplina per il “rientro” di quelle toghe che assumono incarichi di governo, anche locale ( dai ministri e sottosegretari agli assessori regionali) o incarichi “apicali” ( dai capi di gabinetto in un dicastero ai capi dipartimento in una giunta locale). Nel primo caso si potrà scegliere tra il “cuscinetto” di un anno da fuori ruolo ( al ministero di appartenenza o a Palazzo Chigi) e la definitiva rinuncia a funzioni direttamente giurisdizionali. Nel secondo caso, l’opzione per l’anno fuori ruolo prevede una “decantazione” di ulteriori tre anni in cui il rientro nella giurisdizione avverrà senza che si possano assumere incarichi direttivi o semidirettivi.
Il tutto vale solo per le nomine successive all’entrata in vigore della legge, ma in prospettiva limiterà molto l’appetibilità degli incarichi apicali di cui oggi fanno incetta, ad esempio, i presidenti di sezione del Consiglio di Stato.
“Fuori ruolo”. Si prevede di ridurre il numero massimo dei magistrati fuori ruolo, attualmente fissato in 200 unità. La disposizione sarà precisata con i decreti attuativi. Dopo un mandato di almeno un anno, i magistrati resteranno per ancora un anno fuori ruolo, ma non in posizioni apicali, poi rientreranno; per i successivi 3 anni non potranno ricoprire incarichi direttivi.
“Chi giudica non nomina”. I componenti della sezione disciplinare di Palazzo dei Marescialli non potranno far parte anche delle commissioni che decidono su incarichi direttivi, trasferimenti d’ufficio e valutazioni di professionalità delle toghe.
Avvocati e professori nella “stanza dei bottoni” del Csm. Nella segreteria e nell’Ufficio Studi e documentazione del Csm, semaforo verde per gli “esterni alla magistratura” ( avvocati, professori universitari, dirigenti amministrativi) previo superamento di un concorso. Ai laici sarà riservata una quota minima garantita, seppur non maggioritaria. Al momento i due uffici sono composti solo da magistrati, spesso con logiche di spartizione correntizia.
Accesso in magistratura. Si torna al passato, con la possibilità di partecipare al concorso direttamente dopo la laurea in Giurisprudenza. Finisce l’obbligo di frequentare le scuole di specializzazione o di aver già conseguito l’abilitazione alla professione forense. Vengono valorizzati, ai fini dei titoli per il concorso, i tirocini formativi e l’aver prestato servizio presso il nuovo Ufficio per il processo. L’esame sarà incentrato sulle prove scritte, tre, con la conseguente riduzione delle materie orali.
Passaggi di funzione. Sarà possibile un solo passaggio tra le funzioni requirente e giudicante penale entro 10 anni dall’assegnazione della prima sede. Tale limite non varrà per il passaggio al settore civile o dal settore civile alle funzioni requirenti, nonché per il passaggio alla Procura generale presso la Cassazione.
Fascicolo di valutazione del magistrato.
Si tratta della novità che sembra suscitare i maggiori allarmi nell’Anm. Dovrà raccogliere ogni anno le statistiche relative agli esiti delle decisioni ( per i giudici, inclusi i civili) e delle richieste, di rinvio a giudizio o di misure cautelari ( per i pm), nelle fasi successive del procedimento, con particolare riguardo a “eventuali gravi anomalie”. Via Arenula ricorda che non saranno inserite valutazioni di merito, dunque giudizi sui singoli provvedimenti, ma solo dati statici aggiornati, e che non si tratterà dunque di “pagelle”. In ogni caso, tali riscontri su eventuali troppo frequenti “insuccessi processuali” degli atti del singolo magistrato peseranno sia sulle valutazioni di professionalità quadriennali che nella corsa a incarichi direttivi o semidirettivi.