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È ormai endemico il fenomeno delle distorsioni giuridiche sul processo penale per una informazione giudiziaria legata “a doppio filo” alle impostazioni dell’accusa. Di contro, è sempre meno frequente la cronaca giudiziaria intesa come cronaca del processo: da tempo, infatti, esiste una cronaca giudiziaria fatta di “copia e incolla” delle informazioni degli atti di indagine. Il primo effetto è il condizionamento dei soggetti processuali ( giudici, testimoni, parti) dovuto ad una percezione distorta dell’indagine: l’eventuale esito assolutorio del processo rischia di essere percepito come uno “spreco” di attività processuale, o una “denegata giustizia”, da parte di chi si è formato un convincimento colpevolista, quando non “giustizialista”. Ma non solo. Il giudice, laddove decidesse in modo difforme dal comune sentire generato dal predetto convincimento, potrebbe correre il rischio di essere delegittimato e di subire violenti attacchi. Diverse sentenze della Corte EDU si sono espresse, anche di recente, a favore di un bilanciamento tra libertà di stampa e diritto all’informazione, da una lato, e diritto alla riservatezza delle persone coinvolte in vicende giudiziarie e al buon andamento della giustizia, dall’altro. Strasburgo, nonostante l’art. 10 CEDU tuteli la libertà d’espressione, ha confermato la sanzione per il giornalista che ha divulgato notizie coperte dal segreto istruttorio, sottolineando l’importanza della buona amministrazione della giustizia, il diritto ad un processo equo, il rispetto della vita privata dei soggetti interessati. La Corte ha anche ritenuto sussistere un dovere dello Stato di adottare misure organizzative e di formazione del personale per prevenire l’illegittima pubblicazione di informazioni riservate. In tale contesto, vale la pena ricordare che il Csm, con delibera del 2018, ha approvato le “Linee- guida per l’organizzazione degli uffici giudiziari ai fini di una corretta comunicazione istituzionale”, con lo scopo di garantire la massima “trasparenza e comprensibilità dell’azione giudiziaria” e la creazione di prassi uniformi per una “comunicazione efficace e deontologicamente irreprensibile, imparziale, equilibrata e obiettiva”, anche attraverso l’elaborazione di strategie comunicative ( conferenze stampa, comunicati, utilizzo del web) e la realizzazione di uffici stampa. Alla stesura ha partecipato un gruppo di lavoro, presieduto dall’ex presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, composto da giornalisti, scrittori e magistrati. Sono state svolte anche audizioni del Cnf, dell’Ordine nazionale dei giornalisti, della Fnsi e dell’Anm. «L’informazione giudiziaria non confligge con il carattere riservato, talora segreto della funzione, aumentando la fiducia dei cittadini nella giustizia e nello Stato di diritto, rafforzando l’indipendenza della magistratura, e più in generale l’autorevolezza delle Istituzioni», si legge in premessa. Numerose le indicazioni sovranazionali; fra queste, la Raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa agli Stati membri del 2010, secondo cui: «I procedimenti giudiziari sono questioni di pubblico interesse. Il diritto all’informazione deve essere esercitato tenendo conto delle limitazioni imposte dall’indipendenza della magistratura. I giudici devono dar prova di moderazione nei loro rapporti con i media». La delibera si divide in due parti: una generale ed una specifica per i diversi Uffici ( giudicanti, requirenti, di merito, di legittimità). Fulcro della comunicazione giudiziaria è l’oggettivo interesse pubblico ( controversie di obiettivo rilievo sociale, politico, economico, tecnico- scientifico). Fra i punti cardine: scongiurare discriminazioni fra giornalisti e testate, evitare canali informativi privilegiati con esponenti dei media, non personalizzare le informazioni esprimendo opinioni personali o giudizi di valore su persone o eventi. Corollario è il rispetto della sfera privata e familiare degli individui coinvolti, della dignità dell’imputato, degli estranei. Imprescindibile, il rispetto del giusto processo, la tutela della presunzione di non colpevolezza, la centralità del giudicato rispetto ad altri snodi processuali ( es. le indagini preliminari), il diritto dell’imputato a non apprendere dalla stampa quanto deve essergli comunicato in via formale. Il procuratore, responsabile della comunicazione esterna, è tenuto al rispetto delle decisioni giudiziarie, che può “contrastare” non pubblicamente ma nelle sedi processuali. Divieto assoluto, infine, di “amplificare impropriamente i meriti dell’Ufficio e dei servizi di polizia giudiziaria”.