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Tensione alle stelle fra le correnti della magistratura dopo le recenti pubblicazioni delle chat contenute nel fascicolo aperto a Perugia nei confronti dell’ex presidente Anm Luca Palamara. Il pm romano, come emerge dai brani riportati da La Verità e dal Fatto, aveva rapporti con quasi tutti i massimi vertici degli uffici giudiziari. E anche con magistrati in servizio al ministero della Giustizia, ad iniziare da Fulvio Baldi, capo di gabinetto del guardasigilli, costretto venerdì scorso alle dimissioni. Così ieri hanno avviato “ricognizioni” sia il Csm sia l’Anm. L’organo di autogoverno si muove con la propria prima commissione che, riferisce una nota, ha iniziato «l’esame dei documenti» per «attivare, con la massima tempestività, gli strumenti in materia di incompatibilità ambientale». Sempre Palazzo dei Marescialli informa che gli atti «sono stati inviati dalla Procura di Perugia anche alla Procura generale della Cassazione e al ministero della Giustizia per le rispettive competenze in materia disciplinare». Il che vuol dire che il Csm potrebbe trovarsi fra poco a valutare “incolpazioni” promosse dai titolari dell’azione disciplinare nei confronti delle toghe coinvolte nel sequel perugino.
L’Anm a propria volta ricorda di aver chiesto gli atti a Perugia per poter effettuare le valutazioni di competenza e ha invitato tutti i magistrati alla riflessione e all’autocritica su quanto accade, avanzando anche alcune proposte per evitare la degenerazione del correntismo.
Dal «divieto di ritorno all’esercizio delle funzioni giudiziarie per i magistrati che hanno assunto incarichi politici» alla «modifica del sistema elettorale del Csm» e del «Testo unico della dirigenza». Una risposta ritenuta non sufficiente dalle toghe di Magistratura indipendente, la corrente moderata che nel 2019, all’indomani delle prime pubblicazioni dei colloqui avuti da propri esponenti con Palamara, venne travolta. L’Anm «deve scegliere una linea, qualunque essa sia» perché «un anno fa ci fu una reazione immediata, anche nei tempi ( dimissioni di tre consiglieri di Mi sulla base delle sole notizie stampa, ndr)” ». Il gruppo moderato si definisce «sempre garantista: non intendiamo imbastire processi mediatici o di piazza, che lasciamo ad altri, ma vogliamo capire quale reale percorso di rinnovamento abbiano intrapreso i colleghi», è la ‘ frecciata’ ai magistrati di Area che nel 2019 «si stracciarono le vesti a fronte di pubblicazioni di intercettazioni con protagonisti, in parte, diversi».
Secondo Area sarebbe invece in atto un «attacco concentrico di una parte della stampa e di una parte della magistratura alla vigilia dell’inizio del processo e dei procedimenti disciplinari per i protagonisti delle tristi vicende dell’albergo Champagne», l’albergo romano dove Cosimo Ferri, magistrato e deputato di Iv, con Palamara «incontrava magistrati e politici accomunati dall’interesse di indirizzare, dall’esterno del Csm, le nomine ad alcuni uffici giudiziari strategici per orientare l’esito di specifiche indagini e determinati processi». Le toghe di Area dicono di non rivendicare «una improponibile superiorità morale di gruppo, ma non siamo disposti a tollerare operazioni preordinate a confondere le responsabilità per giungere a una generale assoluzione che lasci tutto com’è». Tranchant il commento del magistrato Alfonso Sabella, già assessore alla Legalità al Comune di Roma: «È assolutamente indispensabile sciogliere le correnti», ha detto in un’intervista all’Adn- Kronos. Forse un rimedio estremo. Che però i veleni di queste ore rischiano di far apparire, ad alcuni, non insensato.