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Il funzionario della Digos si aggira tra i manifestanti radiolina alla mano. Individua Riccardo Noury, il portavoce di Amnesty international Italia che ha messo su l’iniziativa in occasione della Giornata mondiale del rifugiato. «Ma allora lei si dissocia o no da quello che ha appena detto l’oratore al microfono?». L’interlocutore strabuzza gli occhi, e dal capannello che si è formato attorno si leva un mormorio di voci sconcertate. In effetti il giovane praticante avvocato romano Gianluca Dicandia, attivista del movimento “Resistenze meticce”, aveva pronunciato un discorso dal contenuto non propriamente sovversivo.
«È importante», aveva detto Dicandia, «denunciare secondo me oggi ( è il 20 giugno e siamo a piazza della Rotonda a Roma, nda) , a due mesi dall’entrata in vigore del decreto a firma Minniti, che i richiedenti asilo sono destinatari di norme allucinanti, norme che eliminano qualunque tutela, qualunque possibilità per i migranti di stare nel nostro Paese in modo degno».
Ecco: il giovane avvocato, per aver messo nella stessa frase le espressioni «Minniti» e «norme allucinanti», viene immediatamente identificato e denunciato per vilipendio della Repubblica e delle forze armate e per minaccia a pubblico ufficiale. Poi: visto che, all’arrivo dei tre agenti, qualcuno del “capannello” formatosi attorno al pericoloso istigatore alza un po’ più il tono, gli stessi uomini della Digos identificano e “deferiscono all’autorità giudiziaria” altre quattro persone. Nel loro caso ci si è limitati al reato di violenza o minaccia a pubblico ufficiale.
La storia è ai limiti dell’incredibile, e in effetti per capirci qualcosa il presidente della commissione Diritti umani del Senato Luigi Manconi ha presentato un’interrogazione allo stesso Minniti.
Ricorda che «in un regime democratico sono ammesse critiche, anche severe, alle istituzioni e alle leggi». E per questo chiede il motivo della denuncia, se obbedisce a «direttive» impartite da prefetto o questore e, nel caso si tratti invece di autonoma iniziativa degli agenti, se il ministro stresso intenda adottare «misure» contro questi ultimi. Dal Viminale per tutta risposta il viceministro Fllippo Bubbico difende la repressione del dissenso al decreto Migranti, trasormandolo in «parole ingiuriose nei confronti delle istituzioni, in particolare della polizia». Difficile dire se sia stata più sproporzionata la denuncia o la risposta del ministero all’interrogazione di Manconi.